Mi si chiede di commentare l'inno veneto, realizzato poco tempo fa da persone gravitanti intorno a Raixe Venete (associazione a cui pure aderisco). Ma siccome sono palloso, è sabato sera, sono tristemente a casa ed ho una festa metal al piano di sopra, prenderò il discorso alla lontana e parlerò della lingua veneta.
La lengoa veneta è sicuramente tale, ne è prova la sterminata autonomia lessicale e le caratteristiche peculiari (quale altro "dialetto" della penisola ha una forma interrogativa, per dirne una?).
La lengoa è ovviamente anche la mia lingua madre, penso esclusivamente e totalmente in veneto, amo parlarlo con i miei cari e, credo per lo stesso motivo, sono in difficoltà a parlarlo con gli sconosciuti. Ugualmente, mi risulta impossibile scriverlo. Tempo fa progettavo un blog che fosse una rassegna stampa politica e culturale sul Veneto. Ho tentato di scrivere un paio di post di presentazione in lengoa, ma ho lasciato stare (a proposito, è mia intenzione avviarlo comunque fra qualche mese, se qualcuno è interessato a collaborare mi contatti).
Il mio problema, da persona più o meno attenta ai problemi linguistici, è la mancanza di normatività. Lo so che per un sostenitore dell'anarchismo metodologico è un paradosso ma non ci posso fare niente. Il veneto è indubbiamente lo stesso idioma dal Garda alla Laguna (nonostante le malelingue) e come tale ha molte variazioni. Quali scegliere? Ragioni di prestigio punterebbero sul dialetto della Dominante (Venexia), ma il dialetto (qui è il caso di dirlo) più parlato ed "intermedio" è quello del Veneto centrale, nelle provincie di Padova, Vicenza e, casualmente, Rovigo. Ma quello che io parlo è la sottovariante pedemontana di questo dialetto: la differenza non è da poco: la "l" è più marcatamente pronunciata (anche se evanescente), alcune forme verbali sono diverse (come il participio tronco invece che in -sto -> venuto = vegnù anzichè vegnesto) e i puristi vorrebero la "d" al posto di molte "s" o "x" (es. giallo = dàlo anziché xa£o).
Ma la cosa che mi più mi ha messo problemi è stato la trascrizione di alcune parole, specie le più italiane. La tentazione era quella di cambiare qualche vocale, ma sarebbe stato genuino o solo posing, ovvero voglia di prendere distanze dalla lingua foresta? E poi in quanti mi avrebbero capito? Quelli di Treviso avrebbero avuto da ridire?
Questo era solo per introdurre il primo problema dell'inno veneto di Raixe, la lingua. Ma a questo punto è chiaro che ho divagato, e dell'inno tornerò a parlare domani in uno specifico post.
La lengoa veneta è sicuramente tale, ne è prova la sterminata autonomia lessicale e le caratteristiche peculiari (quale altro "dialetto" della penisola ha una forma interrogativa, per dirne una?).
La lengoa è ovviamente anche la mia lingua madre, penso esclusivamente e totalmente in veneto, amo parlarlo con i miei cari e, credo per lo stesso motivo, sono in difficoltà a parlarlo con gli sconosciuti. Ugualmente, mi risulta impossibile scriverlo. Tempo fa progettavo un blog che fosse una rassegna stampa politica e culturale sul Veneto. Ho tentato di scrivere un paio di post di presentazione in lengoa, ma ho lasciato stare (a proposito, è mia intenzione avviarlo comunque fra qualche mese, se qualcuno è interessato a collaborare mi contatti).
Il mio problema, da persona più o meno attenta ai problemi linguistici, è la mancanza di normatività. Lo so che per un sostenitore dell'anarchismo metodologico è un paradosso ma non ci posso fare niente. Il veneto è indubbiamente lo stesso idioma dal Garda alla Laguna (nonostante le malelingue) e come tale ha molte variazioni. Quali scegliere? Ragioni di prestigio punterebbero sul dialetto della Dominante (Venexia), ma il dialetto (qui è il caso di dirlo) più parlato ed "intermedio" è quello del Veneto centrale, nelle provincie di Padova, Vicenza e, casualmente, Rovigo. Ma quello che io parlo è la sottovariante pedemontana di questo dialetto: la differenza non è da poco: la "l" è più marcatamente pronunciata (anche se evanescente), alcune forme verbali sono diverse (come il participio tronco invece che in -sto -> venuto = vegnù anzichè vegnesto) e i puristi vorrebero la "d" al posto di molte "s" o "x" (es. giallo = dàlo anziché xa£o).
Ma la cosa che mi più mi ha messo problemi è stato la trascrizione di alcune parole, specie le più italiane. La tentazione era quella di cambiare qualche vocale, ma sarebbe stato genuino o solo posing, ovvero voglia di prendere distanze dalla lingua foresta? E poi in quanti mi avrebbero capito? Quelli di Treviso avrebbero avuto da ridire?
Questo era solo per introdurre il primo problema dell'inno veneto di Raixe, la lingua. Ma a questo punto è chiaro che ho divagato, e dell'inno tornerò a parlare domani in uno specifico post.
13 commenti:
.. se pol exar util:
http://www.repubblica.org/rinassimento/grafia.html
ciao, Abr
Nel tuo link c'è un suggerimento per l'uso della x che mi sembra prezioso e che allo stesso tempo cozza parecchio con quel gran casino che passa sotto il nome di Grafia Veneta Unificata (e che crea più problemi che altro).
L'ho proposto proprio perchè credo nelle soluzioni semplici e realiste - anche a costo del danno della corretta filologia.
ciao, Abr
la lengoa veneta non esiste. infatti io dico "lengua"
Ma tu sei veronese... Ti assicuro che dopo S. Bonifacio è tutto più omogeneo :D.
Sul serio, alcuni studiosi non considerano il veronese un dialetto strettamente veneto.
Perché sei veronese, vero Yoshi? :-)
I conterranei si beccano subito!
Le piccole variazioni fonetiche esistono anche altrove (l'inglese del nord è più gutturale di quello del sud, tanto per dire), ma questo non impedisce di individuare aree linguisitiche e culturali omogenee.
Io capisco benissimo quello che dicono i veneti orientali, quando parlano con le loro erre arrotate e le loro espressioni strane (verghe le ciare alzà = tenere accesi gli abbaglianti: gulp!).
Ma quando mi cimento col bergamasco o col romagnolo, non mi trovo più.
ehi bello, io sono di LEGNAGO (da alcuni anni emigrato a verona city), bassa rulez! :)
comunque, sono fermamente contrario a questi tentativi di cristallizzazione o ufficializzazione del dialetto/lingua, mi sembrano operazioni troppo posticce, da invenzione della tradizione.
Anch'io nutro gli stessi dubbi, anche se un po' mi spiace, perché garantisco che dalle mie parti è "lingua viva" ed è un peccato che si perda, ed anche che si italianizzi, come è già avvenuto nelle grandi città. Il problema di base è che non ci sono abbastanza fonti scritte, quindi ogni tentativo in questa direzione sa di rimaneggiamento...
Bassa rulez, ci puoi giurare: io sono di Cerea...anche se confessarlo a un legnaghese rischia di non essere propriamente una captatio benevolentiae (per i foresti: Cerea e Legnago sono un po' come Springfield e Shelbyville nei Simpson :-)
SS11 (padana inferiore) rulez: originario di zona Colli Monselice!
Anche l'ebraico non esisteva piu', o meglio c'erano tante varianti/lingue "locali" (a livello di continenti), eppure in meno di dieci anni una lingua se non morta in coma e' stata riportata alla vita.
Si puo' fare direbbe Veltroni ... perche' concordo con Orso, la lengua o lengoa e' viva quasi ovunque a est dell'Adige.
Ovvio che, tenuta under the radar per secoli, abbia sviluppato differenziazioni locali (come del resto il toscano).
E non andrebbe dimenticato che una delle comunita' parlanti veneto forse viva e numerosa (un paio di milioni) stia in Brasile, nello stato del Rio Grande do Sul. Grammatica e morfologia nostrana, pronuncia e vocabolario portoghesizzati.
Colonizzato sopratutto da veneti, tedeschi e qualche polacco, e' una sorpresa che sia il piu' ricco stato del Brasile, e abbia dato i natali a una certa Gisele Bundchen?
Laggiu' hanno giornali, stazioni radio, orgoglio heritage ...
Andrebbero coinvolti in the process secondo me.
ciao, Abr
ma guardate che anche a vr e provincia il dialetto è più che vivo. io non sto dicendo che dialetto = brutto. dico solo che il dialetto, come ogni lingua, si trasforma e che tentare di imporre un "veneto standard" mi fa un po' tristezza.
e poi, il dialetto che parlavano i nostri nonni era diverso dal dialetto che parlavano i nostri bisnonni. state attenti a non considerare il dialetto una linua statica
Non vedo il problema Yoshi: ogni lingua viva si modifica nel tempo si contamina e sfugge alle standardizzazioni, sia sotto il profilo temporale che geografico.
Vedi l'italiano, modellato sulla grammatica del toscano trecentesco e pronunciato sul toscano che udi' il Manzoni nell'Ottocento; oggi modificato piu' dal romano e dal milanese televisivi (oltre che dall'inglese) che non dai dialetti dalle derive del tutto diverse che si parlano oggi in Toscana, dal fiorenthino al Liornese ..
Se mai metti un punto fermo morfologico- grammaticale, non e' che mummifichi la lingua, solo rimani provincia, dialetto locale, polverizzato.
E' ad esempio il processo che il catalano ha superato da qualche decennio, divenendo lingua ufficiale dopo secoli di contaminazioni castigliane e divisioni locali.
ciao, Abr
Ah: provieni dallo stesso asse stradale - percorso mille volte, ai tempi delle "bulgarate" padovane in cerca di spritz, concerti e fi...gli di buona donna locali!!
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