A Novembre il giornalista Filippo Facci, coautore di molti blog tra cui quello di Lexi Amberson, ha scritto su il Giornale un'invettiva contro la Rai, definita in quella circostanza "cloaca da ripulire". Quasi istantaneamente viene querelato dalla tv di stato che, con una mossa inedita sollecitata da alcuni ignobili parlamentari, decide "per coerenza" di estrometterlo da ogni ospitata (come lo stesso Facci ha notato sarebbe come se le poste non smettessero di fare consegne ai clienti in causa). Salta dunque la presenza in studio da Santoro dove avrebbe parlato (fuori dal mainstream), a breve distanza dalla morte di Biagi, dell'"editto bulgaro" .
La settimana scorsa salta fuori che la Rai ha chiesto per la diffamazione avvenuta a mezzo stampa dieci milioni di euro, considerata la diffusione del quotidiano, il posizionamento in prima paginea ecc. ecc.
Il fondamento del danno risiede nel fatto che "l'azienda" sarebbe stata danneggiata nell'immagine e che di conseguenza i soldi servano come risarcimento delle supposte perdite sul mercato. Cosa che sarebbe forse vera se la Rai accettasse la logica di mercato. Purtroppo, invece, è un ente pubblico che oltre ad intascare i soldi degli inserzionisti pubblicitare si finanzia con un canone sempre più esoso.
Il canone ha una storia nota ma che vale la pena ricordare: inizialmente era una tassa che scattava immediatamente dopo l'acquisto di un televisore, in quanto a trasmettere c'era solo la Rai. In seguito ad un lungo braccio di ferro, nonostante la ferma opposizione di una gran parte dello schieramento politico (in particolare DC e PCI, ovvero il bigottismo totalitario) degli editori privati ottennero la concessione di trasmettero localmente. A questo punto occorreva un twist giuridico per mantenere l'obbligatorietà del canone. La soluzione fu magistrale, il canone venne trasformato in una tassa su ogni "apparecchio atto a ricevere", finalizzata a finanziare il "servizio pubblico".
Oggidì, questa dizione molto inclusiva obbligherebbe a pagare il canone anche solo se si possiede un telefonino figo, un lettore mp3 o un computer (il nostro lo ricorda qui). In pratica, essendo la procedura ancora legata alla registrazione dell'apparecchio (rigorosamente una canonica tv) ciò non avviene. Quindi, se non si posseggono televisori, si può stare tranquilli anche in caso di ispezione della Guardia di Finanza.
È palese la ridicolaggine di questo sistema, che sempre è stato ingiusto, nell'era dei decoder e della pay-tv. Siamo obbligati a sovvenzionare un'informazione che nei migliori dei casi è sempre filogovernativa, programmi thrash che fanno a gara con l'altro concorrente duopolista (che almeno non ha il canone), mummie imbalsamate che non fanno ascolto.
Senza contare l'effetto perverso che questo meccanismo scarica sul mercato delle tv private (e a Mediaset e ai suoi padroni va bene così.)
Qualcuno, giustifichi queste schifezze, se ci riesce. Se la Rai è una cloaca lo è a cielo aperto. E forse non è nemmeno per questo che Facci è stato querelato, ma per aver scritto su una prima pagina di un quotidiano a diffusione nazionale che il canone è da abolire.
La settimana scorsa salta fuori che la Rai ha chiesto per la diffamazione avvenuta a mezzo stampa dieci milioni di euro, considerata la diffusione del quotidiano, il posizionamento in prima paginea ecc. ecc.
Il fondamento del danno risiede nel fatto che "l'azienda" sarebbe stata danneggiata nell'immagine e che di conseguenza i soldi servano come risarcimento delle supposte perdite sul mercato. Cosa che sarebbe forse vera se la Rai accettasse la logica di mercato. Purtroppo, invece, è un ente pubblico che oltre ad intascare i soldi degli inserzionisti pubblicitare si finanzia con un canone sempre più esoso.
Il canone ha una storia nota ma che vale la pena ricordare: inizialmente era una tassa che scattava immediatamente dopo l'acquisto di un televisore, in quanto a trasmettere c'era solo la Rai. In seguito ad un lungo braccio di ferro, nonostante la ferma opposizione di una gran parte dello schieramento politico (in particolare DC e PCI, ovvero il bigottismo totalitario) degli editori privati ottennero la concessione di trasmettero localmente. A questo punto occorreva un twist giuridico per mantenere l'obbligatorietà del canone. La soluzione fu magistrale, il canone venne trasformato in una tassa su ogni "apparecchio atto a ricevere", finalizzata a finanziare il "servizio pubblico".
Oggidì, questa dizione molto inclusiva obbligherebbe a pagare il canone anche solo se si possiede un telefonino figo, un lettore mp3 o un computer (il nostro lo ricorda qui). In pratica, essendo la procedura ancora legata alla registrazione dell'apparecchio (rigorosamente una canonica tv) ciò non avviene. Quindi, se non si posseggono televisori, si può stare tranquilli anche in caso di ispezione della Guardia di Finanza.
È palese la ridicolaggine di questo sistema, che sempre è stato ingiusto, nell'era dei decoder e della pay-tv. Siamo obbligati a sovvenzionare un'informazione che nei migliori dei casi è sempre filogovernativa, programmi thrash che fanno a gara con l'altro concorrente duopolista (che almeno non ha il canone), mummie imbalsamate che non fanno ascolto.
Senza contare l'effetto perverso che questo meccanismo scarica sul mercato delle tv private (e a Mediaset e ai suoi padroni va bene così.)
Qualcuno, giustifichi queste schifezze, se ci riesce. Se la Rai è una cloaca lo è a cielo aperto. E forse non è nemmeno per questo che Facci è stato querelato, ma per aver scritto su una prima pagina di un quotidiano a diffusione nazionale che il canone è da abolire.
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