venerdì 30 novembre 2007

L'antica chiesa di Petäjävesi


Quando la frustrazione e lo sconforto hanno il soppravvento, è bene riflettere sugli esempi che il passato ci porta: uno di questi ci viene dalla chiesa vecchia di Petäjävesi. Petäjävesi è il nome di una piccola città della Finlandia centrale che oggi conta 3700 abitanti, nel diciottesimo secolo poco più che un centinaio. Vivere in un posto del genere 300 anni fa non doveva essere di certo facile, il centro relativamente importante allora più vicino, Jamsa, è situato a 50 km. Jamsa era anche la sede della parrocchia a cui la comunità di Petäjävesi apparteneva. Uno dei problemi degli abitanti del villaggio era quello di andare a messa. La cosa fa certamente sorridere in un contesto, come quello odierno, dove anche i pochi praticanti pospongono spesso e volentieri le sacre funzioni, ad attività ben più secolari, tipo la palestra della domenica mattina. Allora doveva essere una cosa abbastanza sentita se la domenica, dopo 6 giorni lavorativi la gente iniziava un viaggio di svariate ore a piedi per assistere ad una cerimonia di soliti celebrata ad orari antelucani (usualmente, le 6 del mattino). "Zelanti sì, masochisti no" devono aver pensato ad un certo punto gli abitanti di Petäjävesi. E decidono di costruirsi una chiesa tutta per loro. Le cose non sono però così semplici. Richiedeva la legge che per la costruzione di un edificio sacro fosse necessaria una dispensa dal capo della chiesa di Stato (e se qualcuno osa dire che il protestantesimo è più laico del cattolicesimo gli rido in faccia), nel caso della Finlandia di allora, dominio della dinastia Vasa, sua maestà il re di Svezia.

Ma la burocrazia è sempre un brutto mostro. Il permesso regale si fa attendere ed attendere e i Petäjävesilainen si stufano di andare a Jamsa ogni festa comandata. Inizia la costruzione della chiesa, affidata al maestro Jaakko Leppänen che la tira su in tre giorni esatti. Alla fine dell'anno, il figlio di Leppanen costruirà anche la meravigliosa torre campanaria, dalle forme e dalle decorazioni decisamente orientaleggianti, collegata al corpo centrale della chiesa, una croce greca perfetta, da un piccolo corridoio. La chiesa funziona già da qualche mese quando arriva anche il vanamente atteso responso del re. Negativo.

Il resto è storia. Gli eroici abitanti di Petäjävesi se ne sono allegramente sbattuti, la lontana Stoccolma per fortuna non ha ritenuto opportuno inviare sbirri a bruciare l'opera abusiva e la chiesa, una delle poche lignee ad essere sopravissute in Finlandia, è ancora lì in tutta la sua stramba bellezza, dovuta proprio all'assenza di una pianificazione. La chiesta di Petäjävesi è stata dichiarata patrimonio dell'umanità dall'Unesco nel 1994, ma ciò non toglie nulla al suo fascino potente e disarmante, un monumento alla buona volontà che si oppone al dirigismo parassitario. All'interno si può ancora respirare l'intenso odore del legno pinaceo e, con questo, quello di una gloriosa civiltà rurale solidale e laboriosa. Proprio lo status "illegale" della chiesa permette di ammirare decorazioni uniche nel mondo luterano. Putti incisi nell'ambone di indibbio gusto rinascimentale e un pannello ligneo che rappresenta S. Cristoforo.

Quest'ultima scelta rimane un mistero dato che semplicemente non era prassi della chiesa luterana rappresentare santi. Ma forse in quel di Petäjävesi non si voleva onorare un canonizzato (per quanto fittizio) della chiesa romana, bensì celebrare nella figura del traghettatore del Cristo, l'umanità tutta che portando il fardello della fede ricambia l'opera del Salvatore, colui che si assunse il peso di tutti i peccati. E visto quanto hanno camminato, con quel peso sulle spalle, dovevano saperla lunga.



Esterno della chiesa. In primo piano, un pirla non locale.

mercoledì 28 novembre 2007

Diritti Naturali, un'ipotesi austriaca

Si diceva che il giusnaturalismo altro è stato usato, nella storia, esclusivamente come metodo. Tutti gli autori giusnaturalistici dai classici fino a Rawls hanno usato i diritti naturali come fondamento della loro teoria analitica . Si cercava insomma di trovare un punto comune per portare avanti una discussione sulla natura del giusto sistema politico.

Ma cosa si intende per diritto naturale? In sostanza che gli uomini in quanto tali siano dotati di determinati diritti che non possono assolutamente essere lesi. Si può essere convinti di ciò per ragioni religiose o per determinate convinzioni riguardo la natura umana. Alcuni darwinisti (il cui progenitore ilustre può essere rintracciato in Herbert Spencer) scorgono il diritto naturale all'interno del codice genetico: le stesse leggi, l'etica e la morale sarebbe il risutato di un conveniente processo evolutivo.

Sebbene entrambe le concezioni siano interessanti possiedono tuttavia qualche difetto: la prima sfocia nell'ambito della teologia e quindi delle credenzi personali, la seconda ascrive alle scienze naturali quello quello che dovrebbe essere oggetto delle scienze sociali: l'indagine sulla natura e sulla condizione umana. Non a caso i pù grandi sostenitori del giusnaturalismo all'interno anche del pensiero liberale e libertario provengono, almeno nell'ultimo secolo dalla scuola austriaca di economia.
Questa scuola economica ha delle peculiarità dal punto di vista epistemologico (cioè su cosa considerare scientificamente legittimato o meno): innanzitutto intende l'economia come scienza dell'agire umano, uno studio delle iterazioni tra attori coscienti e razionali, in secondo luogo considera i giudizi sintetici a priori il perno del suo sapere. Gli a priori sono giudizi veri sempre, a prescindere dal contesto storico e dall'esperienza. Alcuni esempi: “un corpo occupa spazio”, “in assenza di coercizione la scambio tra due persone avviene se e solo se ogni attore si aspetta un beneficio da esso” e così via.

Da un punto di vista “austriaco” i diritti naturali, sarebbero quindi l'apriori della giurisprudenza. Enunciati come “non è lecito iniziare aggressione contro la persona e la proprietà altrui” devono valere sempre in ogni diritto. Un'obiezione spontanea a questa punto può essere che nella realtà dei fatti le cose non vanno così e che nelle società tradizionali e persino in alcune di quelle odierne questo diritto non è considerato affatto naturale. Basta pensare al diritto islamico considera lecita la lapidazione di una donna adultera, il diritto dei Ba-Wenda considerava lecito l'uccisione degli umani non Ba-Wenda a scopo alimentare, il diritto sovietico considerava lecito l'uccisione dei dissenzienti e così via fino alle nostre piccole schifezze odierne. Al di là del fatto che Rothbard, il mio punto di riferimento in questo scritto, era un antirelativista assoluto e considerava la civiltà occidentale l'unica civiltà, c'è un altro modo più diplomatico di aggirare questo paradosso “antropologico”.

Prendiamo ad esempio la concezione “austriaca” del teorico del diritto Bruno Leoni*: il diritto non nasce dall'alto ma dalla contrattazione di individui. Questa asserzione è sicuramente valida storicamente, altrimenti difficilmente sarebbe esistita una civiltà. Difficilmente, però può esistere una contrattazione senza ammettere il diritto all'esistenza, alla vita della controparte. E' l'applicazione dell'etica del discorso alla formulazione delle leggi: come non può essere dato un dialogo sena la rinuncia dei partecipanti a pestarsi non ci si può mettere d'accordo su una regola comune senza se ognuno non rinuncia all'aggressione. Un ragionamento analogo consiste nell'applicazione dell'estoppel, una dottrina della common law britannica, così suggerito da alcuni giuristi come Kinsella e Shearmul. Altro non si tratta che di uno stratagemma logico per giustificare la punibilità dei criminali: un soggetto che ha compiuto un certo tipo di crimine ad esempio aggredendo qualcuno non può lamentarsi di avere la propria libertà limitata dall'uso della forza.
In un altro caso Kinsella porta l'esempio di una ragazza il cui patrigno aveva promesso di pagare la retta all'università. L'impegno era rimasto evaso e la ragazza era entrata in causa con la sua università. Il comportamento della ragazza che ha regolarmente frequentato il college incoraggiata dal patrigno, secondo il principio dell'estoppel, è la prova che l'impegno era stato percepito come un contratto. Questi sono solo alcuni esempi della procedura per individuare i diritti naturali: alla vita, alla proprietà, al rispetto della parola data.
Perché questi diritti in determinati casi storici non vengono affatto considerati "naturali"? La risposta è che vengono aritificosamente falsati da poteri coercitivi. Nei casi sopra elencati risulta evidente come poteri organizzati al servizio di determinate ideologie abbiano attraverso la positivizzazione del diritto (ovvero l'emanazione arbitraria dele leggi da parte di un un organo sovrano) snaturalizzato e pervertito lo stesso. Viceversa, in assenza di coercizione e di un potere centrale, i diritti naturali sono una necessità, in quanto dovranno emergere alcuni principi di base che non prevedono eccezioni, in quanto l'eccezione richiede un potere sovrano.



---
Per approfondimenti

M.N. Rothbard, Introduzione al Diritto Naturale (inglese)
Stephan Kinsella, Estoppel, A new justification of individual rights (sempre inglese)
Approcci libertari all'etica del discorso (sempre inglese)


*Devo segnalare che secondo molti esegeti la teoria giuridica di Bruno Leoni non è né giusnaturalistica, né giuspositivistica, anzi il secondo non è affatto risparmiato perché un diritto consuetudinario, nato in seguito a contrattazioni è la rinuncia di fatto a principii fondanti.


Nella prossima puntata ;) , più avanti vedrò di parlare della legge di Hume, di Kant, di Nozick e di alcune problematiche.

Ripubblicato il 6/12/2007.

martedì 27 novembre 2007

Diritti naturali - premessa.

Secondo molti tra quelli che condividono le mie idee, il fondamento naturale del diritto è poco più che un'optional, un'allegra favoletta in cui fa bene credere, ma che è in realtà arduo dimostrare, manco fosse l'esistenza di Dio.
Ciò dipende, secondo me, da una definizione non completamente esatta di diritto naturale, molto spesso ritenuto banalmente il ritenere che esistano dei diritti inviolabili di cui l'uomo è investito. Se fosse semplicemente così bisognerebbe trovare una sorta di tavola della legge con questi diritti scritti sopra, o perlomeno postulare un ancoramento soprannaturale agli stessi. In poche parole sarebbe sì una fede.
Gran parte di questa concezione deriva dai testi considerati giusnaturalistici per eccellenza, ad esempio la costituzione americana o -udite, udite- il Leviatano del nostro amico Tommaso Hobbes. L'esito illiberale di quel libro satanico non lo esclude infatti dalla stessa scuola di pensiero che di Locke e prima ancora di Tommaso D'Aquino. La costruzione politica di Hobbes è basata infatti su degli assunti che vengono nominati diritti naturali. In realtà con questo nome Hobbes spaccia la sua particolarissima antropologia materialistica dell'homo homini lupus, attraverso una serie di asserzioni che arrivano ad postulare il sovrano assoluto come il minore dei mali e la cui istituzione, paradossalmente ma non troppo, darà inizio ad un diritto positivo del tutto arbitrario.
Questo dovrebbe essere sufficiente per scoprire il trucco. Il diritto naturale, nella sua concezione classica non è tanto il fine del ragionamento politico, ma il mezzo o meglio ancora il punto di partenza. Per gli autori del XVII secolo, Locke incluso, l'osservazione antropologica (=l'enunciazione dei diritti naturali) era la base della teoria politica. Per i più umili (e interessanti) pamphlettisti come i levellers asserire che gli uomini hanno determinati diritti era necessario al fine di asserire le proprie tesi. Un metodo, dunque, e nulla più: il giusnaturalismo era nient'altro che lo standard del discorso politico dell'epoca.
La scenetta, a pensarci, oggi cambia solo nei contenuti (i diritti pretesi dai radicali del 600 erano più che giustificabili), con i centri sociali che reclamano il loro "diritto" ad avere uno spazio d'aggregazione, studenti che richiedono il "diritto" ad un salario di studio, omosessuali che vogliono il "diritto" ad un matrimonio riconosciuto dallo stato.
Per i liberali, invece, il diritto naturale è la legittima difesa contro l'arbitrarietà del potere. Non solo, nell'appellarsi ad esso risiede l'arma migliore per conseguire il fine politico liberale: la limitazione del potere statale, che in quanto tale danneggia, anche solo esistendo, i nostri diritti.
Un'esigenza, dunque. Ma come provarla? Come possiamo pretendere che i nostri diritti che vogliamo universali e naturali siano più concreti di quelli precedentemente elencati? Come farlo senza cadere in una petizione di principio?
La risposta alla prossima puntanta (quando ne ho voglia, comunque molto presto).

lunedì 26 novembre 2007

Of Montreal - Heimdalsgate Like A Promethean Curse



Come sarebbero gli Scissor Sister se avessero un cervello? Probabilmente farebbero del pop colto oltre che demenziale: proprio come gli Of Montreal, di cui propongo un video che nemmeno un abuso di chemicals può giustificare. L'album è Hissing Fauna Are You the Destroyer, è uscito quest'anno ed è una piccola perla, il migliore della loro produzione

domenica 25 novembre 2007

Bruno Leoni

In questi giorni, in occasione del 40° anniversario della sua morte , in molti lo stanno ricordando, ed è un sollievo.

Di lui ho letto, più di due anni fa, La libertà e la Legge. Non ho una grandissima memoria a lungo termine ma due tesi di questo importantissimo libro mi sono rimaste ben calcate in testa e non mi abbandoneranno mai:

1) Il diritto nasce dalla continua contrattazione tra privati e dovrebbe venire "scoperto" da esperti, non inventato da imbecilli . Pertanto un ordinamento consuetidinario è l'unico in grado di adeguarsi alle istanze della società in modo corretto e causando meno torti.
2)Il potere legislativo è il MALE. Andiamo a votare come dei pirla gente che poi legifererà per premiare e punire minoranze. I parlamenti democratici pensano di risolvere ogni problema con una nuova legge producendo, nel migliori dei casi, tonnellate di regolamenti che male omologano una realtà differente. L'inflazione legislativa, inoltre, causa una crescente insensibilità verso le leggi. Teoricamente vige ancora il motto "ignorantia legis non excusat", in pratica la conoscenza delle stesse è limitata ad una piccola cricca di privilegiati, le leggi vengono meno prese sul serio e anche la Rule of Law ne risente.

Risulta chiaro come questo testo evidenzi gran parte dei problemi che affliggono le moderne democrazie, in particolare quella italiana. Altrettanto chiaro che pur italiano, proprio nel nostro paese Leoni fu ed è ancora largamente ignorato.
L'apporto di Bruno Leoni è unico e geniale nel panorama della filosofia del diritto affollato da positivisti, decisionisti, normativisti. Dal canto suo sottolineava di vedere una grande coerenza nell'assenza di una costituzione nell'ordinamento giuridico inglese, dato che la disciplina strettamente consuetudinaria impediva l'ancoramento a qualsiasi tipo di norma. La mancanza di una carta base, pertanto, non andava a difetto della libertà, ma alla salvaguardia della stessa.

Purtroppo l'avvento degli stati giacobini ha letteralmente divelto il diritto delle nazioni (vedi il discorso di Pearasto, qui sulla destra) a favore di uno codicistico elaborato dal sovrano. In questo modo siamo stati defraudati di uno dei nostri beni più grandi e allo stesso tempo messi sotto il giogo di un potere assolutamente discrezionale.

venerdì 23 novembre 2007

Il giuoco del governo ideale

Questo giuoco, che consiste ne l delineare il proprio esecurtivo dei sogni è stato proposto dal Movimento Arancione qualche giorno fa. Non ho aderito subito per due motivi:

-sto attraversando un periodo di totale sfiducia politica accompagnata e di radicalismo ideologico
-vista l'allegra combriccola rischiavo di fare i nomi dei soliti noti.

Ora però Ismael mi chiede di superarlo in estremismo, dunque non posso esimermi dal rispondere:

Il mio governo ideale :P

...

Un governo che sopporterei più volentieri, coi ministeri proposti dal blog del MA:

-Presidente del Consiglio dei Ministri: la scelta è disperata, non mi fiderei di nessuno; direi uno a caso tra la trimurti Leoniana: Lottieri, Mingardi, Stagnaro
-Ministro dell'Interno: Giancarlo Galan
-Ministro degli Esteri: Liberty First
-Ministro della Difesa: Francesco Cossiga
-Ministro della Giustizia: Filippo Facci
-Ministro delle'Economia: Sergio Ricossa
-Ministro delle Attività produttive: Giovanni Rana
-Ministro del Lavoro: Bernardo Caprotti
-Ministro della Salute: Ron Paul
-Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca: Claudio Privitera.
-Ministro delle Comunicazioni: Giorgio Panto se fosse vivo, Oscar Giannino.
-Ministro delle Infrastrutture e Trasporti: Francesco Ramella, vedi Ismael, sta bene dove sta
-Ministro dell'Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare: tengo Carlo Stagnaro
-Ministro per le Politiche Comunitarie e Commercio Estero: Giancarlo Pagliarini, idem con patate
-Ministro per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali: Giorgio Fidenato
-Ministro dei Beni e Attività Culturali, Turismo e Spettacolo: Ismael
-Ministro della Funzione Pubblica: Luigi De Marchi
-Ministro per le Riforme Istituzionali: Gianfranco Miglio
-Ministro per le Pari Opportunità: NON SE NE PARLA (ma al limite mi fiderei di Perla)
-Ministro per lo Sport e le Politiche Giovanili: Mirco Bergamasco
-Ministro per l'Attuazione del Programma e i Rapporti col Parlamento: Serse Cosmi, con la facoltà di Spaccare Gambe.

P.S.: Questo è naturalmente un governo di transizione, non potrebbe essere altrimenti, dati i componenti. Le riforme istituzionali di Miglio (purtroppo dipartito, le applicherà alla lettera qualcun altro) cambieranno l'assetto istituzionale in senso radicalmente federale e presidenziale.
Qualche spiegazione: il ticket Galan- Cossiga è dovuto alla necessità di mantenere l'ordine pubblico, a costo di ricorrere all'esercito, in modo da sedare le consistenti rivolte di piazza che sinistra radicale e sindacati fomenteranno sin dal primo giorno. Liberty First è la mia scelta in politica estera perché mi sembra l'unico che almeno tenti di mediare tra l'isolazionismo di stampo libertario e realismo nelle relazioni internazionali. Infine la scelta di Ismael è d'uopo non per paraculismo ma perché cercavo disperatamente qualcuno che non prendesse in considerazione il finanziamento pubblico (impossibile con Ricossa all'economia, peraltro) e almeno ha gusti in fatto di cinema.

lunedì 19 novembre 2007

Tagliamo l'aria

Finnish Disco Dance con Åke Blomqvist.



Grande colpo di Mike Huckabee, il miglior spot elettorale della campagna (con Chuck Norris) via Invisigoth



Due parole su questo video: Invisigoth ha bruciato il Corriere che con 4 giorni di ritardo ne dà notizia. Un bell'articolone, bellissimo il finale che dice "Hillary e Obama dovranno preoccuparsi", perché perdere ancora tempo con della toilet paper?

Sei tu John Wayne? E io chi sarei?

I commenti al post sul caso Jokela mi hanno convinto a scrivere qualcosa sul diritto a portare armi, in modo da rispondere alle critiche liberal, o almeno spiegare il mio punto di vista al riguardo.

Difendersi dall'aggressore è un diritto naturale (inalienabile). Il fondamento analitico è molto semplice: "altrimenti si muore".
Ciò è comprovato anche dal fatto che una delle ultime vestigia di giusnaturalismo nel nostro diritto è proprio il fatto che una persona che uccide un aggressore che ha messo in pericolo la sua vita non commette reato. Questo, almeno, in teoria. In pratica ti fanno un mucchio di problemi e si rischia di pagare di più di un autentico assassino.
Le armi da fuoco sono l'unico strumento di autodifesa efficace contro le altre armi da fuoco e quindi non si possono vietare.
A questo punto di solito un liberal ribatte che se nessuno avesse armi da fuoco (e siccome non viviamo nel 1300 ciò significa vietarle) non ci sarebbe necessità di autodifesa attraverso esse, e il mondo sarebbe più sicuro. Per chi?
L'argomento liberal è quello che si verifica attualmente nel mondo in cui viviamo: lo stato è il monopolista autolegittimato della violenza e quindi della sicurezza. La balla che ci viene fatta bere adesso è che questo va a nostro vantaggio. Non è vero, e non lo dico perché sono un pazzo senza speranze, ma perché è comprovato storicamente. Le restrizioni sulle armi da fuoco sono un'invenzione degli stati moderni per motivi di sicurezza interna. L'obiettivo era ed è quello di poter sedare molto facilmente rivolte e sedizioni (nel Medioevo sarebbe risultato ridicolo contingentare archi e spade, le armi più potenti all'epoca). Le restrizioni europee sulle armi derivano tutte da leggi aventi espressamente quello scopo (in Italia credo ci siano ancora regi decreti a regolare ciò). Se il regime fascista avesse avuto più fortuna nel controllo delle armi, la Resistenza non ci sarebbe stata.
L'eccezione degli Stati Uniti è illuminante a tal riguardo. Mi ricordo che un film, ambientato nel presente, c'era questa battuta: "proibire le armi? e come facciamo a difenderci se il re ci invade?". Risulta chiaro il concetto che la sicurezza è a spese del privato cittadino, che dunque detiene il diritto a portare armi. Armarsi per difendersi dal potere è ben radicato nello spirito redneck. Dopo la strage del Virginia Tech, mentre in Italia c'era il solito dibattito sulla facilità di reperire armi negli USA, oltreoceano la cagnara la faceva la National Rifle Association. Motivo? Il campus era zona off-limt per le armi (giustamente). Molti gun owners sostennero che se tale limitazione non ci fosse stata, al posto di undici morti ce ne sarebbero stati due (la prima vittima e il killer). Questa regola in genere è valida. Proibisci qualcosa e gli onesti la rispetteranno, i criminali no. Esito: più criminali armati in proporzione. In un paese come l'Italia, dove le persone girano armate sono molto poche, le leggi restrittive hanno fatto la fortuna dei delinquenti col coltello.
A questo proposito, il mio amico che commentava ha tirato fuori un altro argomento molto caro ai liberal. Uccidere con la pistola è più facile, perché basta premere un bottone. Vuoi mettere la cattiveria necessaria a sgozzare uno? Cito testualmente:
Le armi a volte hanno la responsabilità nell'uccidere le persone, spersonalizzando il gesto della morte. E' diverso e molto più facile premere un grilletto, piuttosto che spaccare la testa a qualcuno a mazzate da baseball. Pensateci: avete mai visto una strage in un liceo compiuta con una mazza da baseball? (argomentazione anche piuttosto diffusa su internet, ma giuro, non avevo letto nulla in proposito).
Punto terzo: sempre sul distacco dalla morte. Dai, ammettetelo tutti nella vita avete pensato “Quello lì lo uccido”. Quello è il primo scalino. Poi di solito uno se la mette via, ripensa ai dieci comandamenti o al giusnaturalismo e si calma. Qualcuno no; qualcuno sale il secondo scalino. Tipo “Adesso quello lì lo ammazzo davvero” (qui il commento completo)
Chi fa le stragi le fa con i fucili, e le fa a dispetto delle leggi e della protezione dello stato. Il primo punto è un buon argomento per evitare di proibire mazze da baseball, più che altro.
Il secondo punto è inquietante: ricorda per un certo verso la novella di Pirandello "il Soffio". Mettiamo che domani si scopre che soffiando tra l'indice e il pollice verso qualcuno si provoca la morte di costui. La soluzione statalista sarebbe quella di troncare le dita a tutti, quella liberale di fare il culo a chi ci prova e a chi ci riesce. Il terzo punto è deprimente, in quanto indica quello che purtroppo è il pensiero dominante nella società attuale: considerare normale che a qualcuno gli prendano i cosidetti cinque minuti e, siccome ha una pistola, la usi. Questo atteggiamento è paradigmatico in quanto rivela la concezione che lo stato e i suoi amici hanno dell'umanità: un branco di bambini immaturi e capricciosi, da comprendere e prevenire, piuttosto che punire. Con ciò non voglio negare che gente del genere esista e qualora con libero arbitrio decidano di sparare a chi ha avuto la brutta idea di scherzarli andrebbero rimossi dalla società.

Detto ciò, concludo con il vero problema che dobbiamo affrontare nella vita di tutti i giorni: difenderci dai pazzi che sparano nelle scuole. La brutta notizia è che siamo indifesi e se qualcuno -Dio non voglia- ha la volontà e riesce a procurarsi armi potrebbe replicare lo show in qualsiasi scuola italiana. Se questa cosa dovesse accadere, magari più volte, si renderebbero necessari controlli e metal-detector nella maggior parte delle scuole. Ma sono convinto che l'arma migliore sia il controllo reciproco. Il tizio di Jokela era un malato mentale, strano che nessuno se ne sia accorto prima. Per fortuna, invece, quando un tizio, anch'esso con le rotelle fuori posto, si è bullato con gli amici di voler fare la stessa cosa, questi qua sono andati dalla polizia, che ha scoperto che il bulletto (poi suicidatosi) faceva sul serio. Qui la notizia. Notare che il titolo dice "la polizia sventa massacro". Vero per niente, ma siamo alle solite.

Fiery Furnaces - Ex Guru



Sperimentazione, gusto indipendente e un tocco di bizzarri anni '70. L'ultimo album dei fratelli Friedberger, Widow City è semplicemente un must.

venerdì 16 novembre 2007

Lo stato delle cose

Il centrodestra in Italia ha vita facile. Non esiste nessun paese al mondo dove una parte politica goda di una popolarità così alta solo in virtù della tristezza che l'altra riesce a suscitare.
Purtroppo, più il B. vola alto nei sondaggi, più diventa pirla. E' più di un anno, oramai, che invece di vedere un'opposizione sul piano delle idee, si assiste attoniti ad una pagliacciata dietro l'altra: piazzate per mandare a casa Prodi, spallate per mandare a casa Prodi, firme per mandare a casa a Prodi, votazioni assurde per mandare a casa Prodi. Il peggio è giunto quando la CdL ha votato assieme alla cosa rossa il bonus per gli incapienti, una delle cose più comuniste che si potessero fare. Ma l'importante era fare andare sotto il governo. Persino gli emendamenti che hanno battuto la maggioranza mercoledì altro non erano che aumenti di spesa pubblica. Ma bisognava affossare l'esecutivo.
E mentre noi si sprofonda sotto un socialismo crescente, il leader dell'oppisizione si limita a dire: "elezioni subito", "Prodi cadrà", "alle urne con questa legge" e blablabla.
I poveri, pochi infelici, liberali italiani ormai sono immersi in un'apatia politica senza speranze. Sognano mediocri leader conservatori d'oltreoceano e d'oltremanica che hanno però la capacità di proporre visioni alternative con cui conquistare l'elettorato e non si limitano a sommare zerivirgola per arrivare a vincere.
Recentemente mi è arrivata notizia dell'ennesimo congresso dell'unità liberale. Frattaglie della prima repubblica come PLI (reloaded) e PRI (guidato da un keynesianissimo La Malfa) avebbero dovuto aprire a Decidere. net e ai Riformatori Liberali (0,01%). L'obiettivo è la tanto sognata unione dei liberali. Peccato, veramente peccato, che non si rendano conto di due cose:
-che gli elettori hanno consegnato all'oblio, insieme ai socialisti di Craxi, repubblicani e PLI.
-che un partito totalitario come FI non ammette concorrenza interna.
Ecco perché il B., sempre disposto ad aprire a partiti neofascisti, guarda caso manco ha fatto una telefonatina.
E mentre Decidere.net non è stato cagato di striscio dai media italiani, nonostante fosse fondato da un deputato, l'agghiacciante nuova destra romanocentrica conquistava paginate sui giornali e lunghi servizi alla tv.
Ecco un possibile scenario futuro:
Il governo cadrà (spero si faccia molto male) da qui ad un anno. Berlusconi non capirà mai i motivi per cui ha perso nel 2006. Si va a votare con questa stessa legge. Per vincere tutti cercano di attirare la maggior quantità possibile di feccia. Il cdx si candida con Storace e la Mussolini, Follini, Di Gregorio e persino Mastella. Vince. Dato che nemmeno nel 2001, con migliori intenzioni, è riuscito a combinare qualcosa, questa volta neanche ci prova. Dopo qualche mese / anno di tentennamenti democristiani e di dialoghi con le parti sociali arriva il crollo. Berlusconi lascia (forse finalmente la scena politica. Veltroni, più che sessantenne, diventa primo ministro. Seguono i soliti mesi / anni di devastazione. Dopo tutto questo forse qualcosa cambierà, o più probabilmente no.
Quasi quasi a questo punto mi viene da tifare Prodi con lo stesso sciagurato masochismo con cui i socialisti massimalisti contavano nell'entrata nella grande guerra per portare a termine la rivoluzione. Dopotutto questo governo è il migliore argomento per la secessione.

Coincidenze



Secondo il mio feed-reader Berlicche e Malvino postano sempri pochi minuti l'uno dopo l'altro. C'è sotto qualcosa?

lunedì 12 novembre 2007

Hoppe, i gay, la preferenza temporale

Uno dei libertari più conservatori (culturali) che ci siano, Hans Hoppe, è stato più volte criticato per la sua omofobia. Brillante insegnante (a quanto si può desumere dai suoi ratings) di economia a Las Vegas, è stato l'anno scorso denunciato da uno studente per aver detto che "gli omosessuali tendono per natura ad avere (al pari di ubriaconi, perditempo ecc.) un alto tasso di preferenze naturali". In pratica preferiscono il poco e subito (il famoso uovo oggi) e non ha il senso del risparmio (preferire la gallina domani).
Tralasciando le problematiche relative all'attività di insegnamento e di espressione, c'è da chiedersi se Hoppe sia stato in quella occasione fedele ai suoi stessi metodi (quelli della scuola economica austriaca). In primo luogo parlare di omosessuali è un grave tradimento della metodologia individualistica, essendo una generalizzazione indebita. Hoppe ritiene che gli omosessuali tendono per forza ad essere "capricciosi" e a non risparmiare perché non hanno figli. Giusto, ma questo si deve estendere a tutti coloro che non hanno figli. Il noto puttaniere Flavio spende in donne e lusso molto più di Marco, omosessuale con un lavoro di responsabilità e morigerato (che magari vive con un compagno stabile).
Ma quello che è più sorprendente, secondo me, è l'inversione del rapporto causa-effetto. Nei casi del perdigiorno, dell'ubriacone, del giocatore d'azzardo, dell'irresponsabile (tutte categorie indicate da Hoppe, nella medesima circostanza) sono tali proprio perché hanno un alto tasso di preferenza temporale. Noi consideriamo un perdigiorno uno che non fa niente, proprio perché preferisce il non lavorare ad un'esistenza migliore attraverso il lavoro, l'ubriacone è uno che preferisce avere più alcool possibile subito, il giocatore d'azzardo preferisce forti emozioni al denaro che scialacqua, dulcis in fundis l'irresponsabile è giudicato tale dalla società proprio in virtù del suo tasso di preferenza temporale e della sua scarsa propensione al risparmio.
Un altro esempio di come una buona testa possa cadere anch'essa in fissazioni infondate.

domenica 11 novembre 2007

Torna il maiale


In via Anelli, a Padova, la giunta comunale ha alzato un muro per ragioni di sicurezza, caso unico nell'Italia contemporanea. Adesso la stessa giunta ha deciso, di concerto con la comunità islamica di spostare la moschea situata nella stessa via in un paesino di campagna, Ponzano Veneto. Anche questa una rarità: si è mai sentito di comuni che "spostano" una chiesa od un altro luogo di culto?
Anche in questo caso si tratta di ragioni di sicurezza: spostare la chiesa significa, nelle speranze delle autorità locali, spostare un mucchio di problemi.
Alcuni cittadini della zona hanno risposto così. Il sindaco di Padova, Zanonato parla di gesto indegno. Poiché portare a spasso un maiale sembra più che altro ridicolo, il sindaco, Roberto Maroni (che si diverte a giocare il ruolo di "moderato" della lega) e gli altri critici dovrebbero alludere alla provocazione che questo gesto ha nei confronti della comunità islamica.
Bisogna ammettere, però, che il gesto è molto più che efficace: costi zero (se qualcuno possiede un maiale) diritti scavalcati: nessuno (al contrario di quello che ignorerebbero le autorità locali imponendo vicini non desiderati) e, suvvia, anche quattro risate.
Poi, magari non serve a nulla, d'altronde alcuni esperti islamici dichiarano che sono sufficienti dei riti di purificazione per poter edificare una moschea. In questo caso il risultato sarebbe diverso, spingere l'Islam verso una timida secolarizzazione.

venerdì 9 novembre 2007

Libertà positiva e negativa nella storia. Skinner vs Berlin.

Il concetto di libertà negativa, come è ben noto, è fondamentale per la teoria libertaria. Le critiche estemporanee che vengono mosse ai liberali classici e ai libertari solitamente da parte di persone che per la prima volta si scontrano con i nostri argomenti sono perlopiù dovute alla non conoscenza di questa.
In realtà questo non fa che denotare una più generale incertezza nei confronti della parola "libertà", secondo molti teorici, il concetto più controverso della teoria politica.
La distinzione tra libertà positiva e negativa è opera di uno studioso inglese, Isaiah Berlin, attivo nella seconda metà del secolo scorso. Berlin rivoluzionò la teoria politica quando accusò la modernità, a partire da Rousseau e Hegel, di aver pervertito la nozione di libertà; secondo il nostro il concetto classico, quello sviluppato dai primi liberali come i parlamentaristi inglesi, consisteva nel non essere oppressi da un potere coercitivo nella vita quotidiana. Una libertà "da", insomma. In seguito alla rivoluzione francese e alle influenze di alcuni pensatori tra cui quelli sopracitati, si affermò invece il sentire comune che garantire la libertà significasse anche assicurare dei diritti positivi, come ad esempio l'uguaglianza delle opportunità. E' come dire che se la libertà di stampa, nel senso che ognuno è libero di pubblicare e diffondere stampati, è una libertà negativa, essa diventa positiva nel momento in cui si fa in modo tale che tutti abbiano accesso agli attrezzi per la stampa.
La critica di Berlin è che il lato positivo della libertà porta ad una compressione del lato negativo, dovendo giustificare un potere coercitivo per essere garantite.

Il dibattito nel mondo anglofono è stato riaperto negli anni '90 da Quentin Skinner (non quello dei Simpson), uno straordinario innovatore nel campo della storia concettuale. Non mi dilungo sul suo metodo, basti sapere che propogna una contestualizzazione dei classici del pensiero politico, una rilettura di essi alla luce della funzione che dovevano avere nel dibattito politico del tempo. I risultati, ad esempio nel caso di Hobbes, Locke e Machiavelli sono spesso sorprendenti.
Per Skinner, Berlin ha preso un granchio colossale: sarebbero proprio gli autori liberali ad aver tradito l'originaria concezione occidentale della libertà.
Innanzitutto, Skinner ci fa un grosso complimento cominciando a sostenere che il concetto della libertà politica è nato nell'Italia del nord, all'epoca delle repubbliche cittadine, ed è poi stato portato avanti nel '600 inglese dal movimento Neo-Romano (Osborne, Neville e Milton, per fare qualche nome, l'ultimo è quello del Paradise Lost). Ebbene, tutti costoro sosterrebbero che la libertà è caratterizzata da uno stato di non dipendenza dal sovrano "come quello del servo dal padrone", senza un potere discrezionale (condizione necessaria E sufficiente). La differenza può sembrare minima, ma non lo è: il grado di libertà non si misura dalla compressione dei diritti individuali, ma solo dall'essere liberi in uno stato libero. Se c'è libertà di accesso agli organi legislativi ed un criterio di rapprentanza, lo stato e chi vi abita sono liberi. Traduzione: le democrazie moderne non hanno tradito il concetto di libertà.

Si sbagliavano i liberali, insomma, ma si sbagliava anche Hobbes quando sosteneva che lo Stato necessariamente limita la libertà dei cittadini, qualsiasi sia la sua natura e costituzione (ed è per questo che i libertari dovrebbero essere sempre grati ad Hobbes, perché sta dall'altra parte ma dice la verità :)).
Ora la questione è: che ce frega? Il fatto che la concezione tradizionale della libertà fosse diversa da quella di Berlin non sta a significare che la teoria della libertà negativa non si adegui maggiormente a quella dei diritti naturali, almeno come sono stati formulati durante l'indipendenza americana. Questa è già una buon argomento per infischiarsi di questo grande dibattito contemporaneo. Ma secondo me la debolezza del ragionamento di Skinner è anche un'altra: considera la teoria della libertà degli antichi, ma non la teoria dello stato. Pur sapendo che le repubbliche cittadine padane e i parlamentaristi inglesi non ritenevano ci fosse libertà senza partecipazione diretta o per rappresentanza nel potere legislativo e esecutivo non è detto che i ruoli di quei governi corrispondessero a quelli degli stati attuali, anzi. Come dire: le libertà positive avranno anche avuto i mezzi, quella che mancava era la volontà.

giovedì 8 novembre 2007

Columbine nel paese dei laghi

Oggi, in Finlandia, è giorno di lutto nazionale, le bandiere sono a mezz'asta. l'atroce pluriomicidio perpetrato da uno studente in Uusimaa (la provincia di Helsinki) ha sconvolto il paese turbando due certezze: innanzitutto che qui ci si potesse fidare un po' di tutti, che il pericolo, semmai venisse solo dll'esterno, una concezione tipica anche delle nostre zone non metropolitane. Per dirla con le parole usate ieri da una ragazza che la Finlandia fosse un "nido sicuro" (locuzione molto in voga tra i Finlandesi).
In seconda battuta, che la Finlandia fosse aliena da certi modelli di violenza tipici degli USA . "Una strage all'americana" è il titolo dell'Helsingin Sanomat di oggi, le prime pagine abbondano di riferimenti ai fatti analoghi accaduti oltreoceano. Abbiamo sentito molti sociologi sopraffini tentare di individuare delle cause per queste immani tragedie. Di solito si risolvono con la facilità di reperire armi, tipica di quei dannati yankee amanti del Far West e di Rambo. La Finlandia applica alle armi politiche non diverse dalla maggior parte dell'Unione Europea: severissime (a parte i puukko, coltellacci di mezzo metro per cui tutti vanno matti, specie a Vasa). Con questo non voglio approffittare dello spunto di cronaca per un'apologia del seconfo amendamento: per quanto sia favorevole al diritto a portare armi, non ritengo normale che a farlo siano studenti delle scuole superiori. Ma forse sarebbe ora di finirla con il moralismo, sono le persone ad uccidere, non le pistole e il caso di Jokela dimostra che i pazzi criminali riescono sempre a procurarsele.

martedì 6 novembre 2007

Remember the 5th of November

Molti si chiedevano: tutto quel sostegno che Ron Paul sembra avere according to the internet è reale o fasullo? Ieri è arrivata la risposta. In occasione del Guy Fawkes day, sfruttando la potenza immaginifica del film V for Vendetta, ma anche la carica antistatalista e antibritannica della ricorrenza, i supporte di Paul hanno organizzato una giornata eccezionale di fundraising.

L'obbiettivo, assolutamente improponibile, era di raccogliere 10 milioni di dollari in una giornata. Ovviamente non è stato possibile. Ne hanno raccolti 4,2, raddoppiando quanto fatto in tre mesi e facendo comunque di Paul il candidato dei molti record: quello che ha ricevuto più donazioni in un giorno, il primo per donazioni di anonimi privati, il primo per donazioni da parte di membri dell'esercito (e qualcosa vuol dire) e il quarto dei repubblicani per fondi ottenuti (ha superato McCain). Nonostante le misere percentuali che i molti sondaggi gli accordano ancora, Ron Paul esiste e guida il più ampio fronte libertario che si sia mai visto nella storia degli States.

C'è sempre tempo per schierarsi dalla parte del meno peggio, per ora ci si accontenta con l'incredibile vento di awareness, consapevolezza, che la candidatura di Paul ha portato oltreoceano, una brezza tonificante per quanti credono che più piccolo sia il governo, più grande sia la nostra libertà.

Articolo e link interessanti su italians4RonPaul.
Ne parla anche the Right Nation

sabato 3 novembre 2007

Uno che ragiona

Anche a sinistra c'è gente che mi piace: uno di questi è Massimo Cacciari, sindaco di Venezia. Impossibile non condividere la sua intervista (il Giornale) dall'inizio alla fine, in particolare questo passaggio (quasi hoppiano):

D:È fallito il modello dell’allargamento a tutti i costi, di cui Prodi fu il grande sostenitore?
R:Ma è evidente. L’allargamento serve solo a fare il mercato unico, e l’unica preoccupazione è che le merci circolino liberamente, e se ne fottono di controllare se assieme alle merci circolano anche i delinquenti. Nessuno ha fatto un discorso chiaro con le autorità romene. È del tutto noto che da quelle parti usano facilitare i permessi per l’espatrio agli indesiderati.

Ovviamente da qualche anno a questa parte, nonostante il suo alto incarico amministrativo (conquistante nonostante il boicottaggio del suo partito), la rilevanza di Cacciari nell'Unione è meno che zero. E' il prezzo che si paga ad essere svegli e fuori dal coro in quel di Veltronia.