Come si sa, Paul ha mancato la più splendida delle occasioni in New Hampshire, uno stato su cui, lui per primo, ha vigorosamente creduto. Per un'analisi di questa cocente delusione vedere Gerontion qui.
In Italia, a parlare di Ron Paul su carta stampata c'è solo il manifesto. Capite come siamo messi? Non è la prima volta che lo fa, ma sti sitacci bolscevichi hanno un archivio che fa pena. In compenso l'articolo questa volta è venuto fuori un capolavoro.
L'America «pura» di Ron Paul, il candidato che fa tremare i repubblicani
Cominciamo dal titolo, che parla con questi toni proprio mentre il sogno Paul si sta lentamente, prevedibilmente, spegnendo.
Fanatico difensore delle origini, ha seminato il panico nelle fila del suo partito con proposte shock. Conservatore estremo, isolazionista, promuove l'insurruzione contro le istituzioni ed è a favore di un liberismo radicale.
L'occhiello più bello che abbia mai visto. Uno già a questo punto pensa che il minimo sia la condanna ai lavori forzati.
Strano a dirsi, il primo capoverso, molto cronachistico è largamente condivisibile. Passo al secondo.
Non è semplice virtù pacifista quella che anima Paul ma classico isolazionismo taftiano, opposto all' internazionalismo militarista che ha invece caratterizzato l'egemonia neoconservatrice.
In una frase condivisibile, il giornalista del manifesto insinua che Paul non è poi quel pacifista così buono.
Salto ancora, ho fretta di raggiungere le perle. Dopo aver esposto abbastanza correttamente la politica monetaria paulista, il reporter inizia ad andare in tilt in quanto saltano i facili schemi della politologia marxista.
Data l'eccentricità di queste proposte e le molte altre della piattaforma Paul, era naturale supporre che non potesse trovare grande seguito fuori dalla frangia «libertaria» più estrema [...] slogan a favore della liberalizzazione completa delle armi da fuoco, la depenalizzazione della marijuana e la criminalizzazione dell'aborto. Paul è a favore del taglio dei finanziamenti americani a Israele, di quelli per la «guerra alla droga» e di quella al terrorismo, ritenuta, ragionevolmente, un invenzione strumentale della demagogia neocon.
Le proposte di Paul sono eccentriche, tranne quelle condivise dal giornalista
Ed ora la perla delle perle:
Un programma che ha raccolto un gruppo colorito ed eterogeneo di supporter, dal figlio di Barry Goldwater alla titolare di una casa di prostituzione del Nevada. La sua , paradossalmente, è la retorica più strenuamente antiglobal che incanala la diffidenza naturale di certa America isolazionista nei confronti di organi internazionali come la banca mondiale, il fondo monetario e l'Onu, oltre che verso trattati commerciali internazionali come il Nafta (sul libero commercio in Nordamerica - Paul aprirebbe invece il mercato con Cuba).
Ron Paul è un noglobal (ma di quelli cattivi, beninteso). O forse -e il dubbio si insinua appena- è il liberismo selvaggio ad essere antiglobal... Notare che il noglobal americano aprirebbe il mercato a Cuba.
Uno scetticismo che sconfina spesso in una vena complottistica paranoica (al quale le misure di sicurezza del Patriot act gli danno ragione).
Sorvolando sulla grammatica, il reporter ammette che il giornale per cui lavora fa del complottismo paranoico. Poi dà ragione a Paul (che è meno complottista del manifesto). Dov'è la paranoia?
Tutto questo rappresenta, secondo Paul, il ritorno a un conservatorismo americano «puro» prima che venisse adulterato dagli enormi interessi corporativi del liberismo globale con annessa liberalizzazione dell'immigrazione e inter-ventismo internazionale in politica estera.
Aspetta... frena la mula. Paul è un liberista contro gli interessi liberisti. Sono mona io o qualcosa non torna? Chi dei due è liberista, chi non lo è? Può esistere un liberismo corporativista?
L'inviato del manifesto sembra quasi riuscito a far sembrare Paul simpatico. E' il momento del fattore P.
Con Buchanan e Perot, Paul spartisce un populismo antipolitico che trova terreno fertile nelle sacche antigovernative dell'ovest ma non solo. Come altri candidati «ribelli», è fiero di essere ignorato dalla stampa ufficiale ostacolato dall'apparato di partito. Entrambi considerati organi d'élite politiche economiche e culturali. Un populismo quello di Paul al contempo mistico e pragmatico (ma che stai a dì) che trova ancora una forte adesione in una certa America. Pulsioni marginali ma profonde in una nazione che si considera ancora l'unico esperimento democratico depositario dell'illuminismo.
Dopo il liberista contro i liberisti, abbiamo Paul ,depositario degli ideali illuministi dei padri fondatori, ridotto ai ranghi di anti-illuminista al servizio di una certa America (e già ci si immagina la folla ululante di invasati del KKK, che puntualmente arriva):
Nella visione dei paulisti c'è l'anacronistica, monastica volontà di ricondurla, in barba al mondo moderno, alla virtù originale col suo misto di laicismo (illuminista?) e devozione fanatica al liberalismo (illuminista?)
Paul è un monaco ultraliberista. La fiera dell'ossimoro. Noi ci teniamo Rumiz, che anacronistico non è.
Per questo Paul si definsice soprattutto difensore a oltranza della Costituzione. Nella sua ideologia, c'entra Thoreau come Teddy Roosevelt (???), l'ideale jeffersoniano dello Yeoman, il colono virtuoso e un buona dose di xenofobia verso chi minaccia l'identità americana.
Ecco, il KKK è arrivato.
Nel '92 il relativo successo del fenomeno Perot ebbe l'effetto di sottrarre a Bush sr. i voti che bastarono per tenere a battesimo l'era clintoniana. In un anno critico per la destra americana, orfana della base integralista cristiana e in forte crisi di identità, l'«insurrezione» paulista sta portando ulteriore scompiglio nelle fila di un partito repubblicano già abbastanza allo sbando. E potrebbe essere determinante per l'esito finale di queste elezioni presidenziali.
Sì, ma non funziona così. Non te ne dolere.
In Italia, a parlare di Ron Paul su carta stampata c'è solo il manifesto. Capite come siamo messi? Non è la prima volta che lo fa, ma sti sitacci bolscevichi hanno un archivio che fa pena. In compenso l'articolo questa volta è venuto fuori un capolavoro.
L'America «pura» di Ron Paul, il candidato che fa tremare i repubblicani
Cominciamo dal titolo, che parla con questi toni proprio mentre il sogno Paul si sta lentamente, prevedibilmente, spegnendo.
Fanatico difensore delle origini, ha seminato il panico nelle fila del suo partito con proposte shock. Conservatore estremo, isolazionista, promuove l'insurruzione contro le istituzioni ed è a favore di un liberismo radicale.
L'occhiello più bello che abbia mai visto. Uno già a questo punto pensa che il minimo sia la condanna ai lavori forzati.
Strano a dirsi, il primo capoverso, molto cronachistico è largamente condivisibile. Passo al secondo.
Non è semplice virtù pacifista quella che anima Paul ma classico isolazionismo taftiano, opposto all' internazionalismo militarista che ha invece caratterizzato l'egemonia neoconservatrice.
In una frase condivisibile, il giornalista del manifesto insinua che Paul non è poi quel pacifista così buono.
Salto ancora, ho fretta di raggiungere le perle. Dopo aver esposto abbastanza correttamente la politica monetaria paulista, il reporter inizia ad andare in tilt in quanto saltano i facili schemi della politologia marxista.
Data l'eccentricità di queste proposte e le molte altre della piattaforma Paul, era naturale supporre che non potesse trovare grande seguito fuori dalla frangia «libertaria» più estrema [...] slogan a favore della liberalizzazione completa delle armi da fuoco, la depenalizzazione della marijuana e la criminalizzazione dell'aborto. Paul è a favore del taglio dei finanziamenti americani a Israele, di quelli per la «guerra alla droga» e di quella al terrorismo, ritenuta, ragionevolmente, un invenzione strumentale della demagogia neocon.
Le proposte di Paul sono eccentriche, tranne quelle condivise dal giornalista
Ed ora la perla delle perle:
Un programma che ha raccolto un gruppo colorito ed eterogeneo di supporter, dal figlio di Barry Goldwater alla titolare di una casa di prostituzione del Nevada. La sua , paradossalmente, è la retorica più strenuamente antiglobal che incanala la diffidenza naturale di certa America isolazionista nei confronti di organi internazionali come la banca mondiale, il fondo monetario e l'Onu, oltre che verso trattati commerciali internazionali come il Nafta (sul libero commercio in Nordamerica - Paul aprirebbe invece il mercato con Cuba).
Ron Paul è un noglobal (ma di quelli cattivi, beninteso). O forse -e il dubbio si insinua appena- è il liberismo selvaggio ad essere antiglobal... Notare che il noglobal americano aprirebbe il mercato a Cuba.
Uno scetticismo che sconfina spesso in una vena complottistica paranoica (al quale le misure di sicurezza del Patriot act gli danno ragione).
Sorvolando sulla grammatica, il reporter ammette che il giornale per cui lavora fa del complottismo paranoico. Poi dà ragione a Paul (che è meno complottista del manifesto). Dov'è la paranoia?
Tutto questo rappresenta, secondo Paul, il ritorno a un conservatorismo americano «puro» prima che venisse adulterato dagli enormi interessi corporativi del liberismo globale con annessa liberalizzazione dell'immigrazione e inter-ventismo internazionale in politica estera.
Aspetta... frena la mula. Paul è un liberista contro gli interessi liberisti. Sono mona io o qualcosa non torna? Chi dei due è liberista, chi non lo è? Può esistere un liberismo corporativista?
L'inviato del manifesto sembra quasi riuscito a far sembrare Paul simpatico. E' il momento del fattore P.
Con Buchanan e Perot, Paul spartisce un populismo antipolitico che trova terreno fertile nelle sacche antigovernative dell'ovest ma non solo. Come altri candidati «ribelli», è fiero di essere ignorato dalla stampa ufficiale ostacolato dall'apparato di partito. Entrambi considerati organi d'élite politiche economiche e culturali. Un populismo quello di Paul al contempo mistico e pragmatico (ma che stai a dì) che trova ancora una forte adesione in una certa America. Pulsioni marginali ma profonde in una nazione che si considera ancora l'unico esperimento democratico depositario dell'illuminismo.
Dopo il liberista contro i liberisti, abbiamo Paul ,depositario degli ideali illuministi dei padri fondatori, ridotto ai ranghi di anti-illuminista al servizio di una certa America (e già ci si immagina la folla ululante di invasati del KKK, che puntualmente arriva):
Nella visione dei paulisti c'è l'anacronistica, monastica volontà di ricondurla, in barba al mondo moderno, alla virtù originale col suo misto di laicismo (illuminista?) e devozione fanatica al liberalismo (illuminista?)
Paul è un monaco ultraliberista. La fiera dell'ossimoro. Noi ci teniamo Rumiz, che anacronistico non è.
Per questo Paul si definsice soprattutto difensore a oltranza della Costituzione. Nella sua ideologia, c'entra Thoreau come Teddy Roosevelt (???), l'ideale jeffersoniano dello Yeoman, il colono virtuoso e un buona dose di xenofobia verso chi minaccia l'identità americana.
Ecco, il KKK è arrivato.
Nel '92 il relativo successo del fenomeno Perot ebbe l'effetto di sottrarre a Bush sr. i voti che bastarono per tenere a battesimo l'era clintoniana. In un anno critico per la destra americana, orfana della base integralista cristiana e in forte crisi di identità, l'«insurrezione» paulista sta portando ulteriore scompiglio nelle fila di un partito repubblicano già abbastanza allo sbando. E potrebbe essere determinante per l'esito finale di queste elezioni presidenziali.
Sì, ma non funziona così. Non te ne dolere.
6 commenti:
non so se è più dannoso questo o quello di new repubblic...
in ogni caso: "mentre il sogno Paul si sta lentamente, prevedibilmente, spegnendo."
??????
se lo sapevi prima potevi avvertire! qui si passa da un eccesso all'altro. i fatti sono questi:
1) Thompson è deceduto; McCain non c'ha na lira, è psicologicamente instabile, veckio e antipatico, il titolo di eroe americano gli serve a poco; Romney ha i soldi ma è partito malissimo ed ha l'appeal di una susina; Huckabbe è costruito a tavolino, non esiste, rimane un'incognita cosa combinerà negli stati maggiori.
2) Giuliani rimane il candidato forte ed il favorito ma se le cose per lui si mettono male l'uomo da tenere in conto è Bloomberg.
3) Ron Paul ha speso finora meno di tutti ed ha raccolto più di tutti, ha un consenso omogeneo in tutti gli States ed è il meglio organizzato in termini di grassroots. Ha ancora molti assi nella manica, che giocherà, comunque andranno le cose. Per gettare la spugna c'è ancora tempo Orso. Questo è solo l'inizio!
Articolo scritto malissimo e contraddittorio!!
Il problema è che il giornalista non sa che cosa sia il libertarismo o il paleo-libertarismo..Carenze culturali scusabili... Ma allora non dedicarci un articolo, somaro!!
Non sono certo un fanatico della forma, ma...come cacchio scrive questo?
"sucessivo", "un invenzione", "al quale le misure di sicurezza del Patriot act gli danno ragione", punteggiatura totalmente casuale...dico...almeno un minimo...
"interessi corporativi del liberismo globale"
Questa è fantastica, semplicemente fantastica! :-)
Chiaramente questi sono gli estratti peggiori. Per il resto mi sembra anche che il giornalista si sia documentato bene. Il problema è che poi si entra in crisi quando si tratta di utilizzare concetti come liberismo e globalizzazione alla luce distorta delle categorie marxiste, che non concepiscono come una politica liberista possa contrastare con gli interessi delle grandi corporation (solo in apparenza "liberiste")
Gerontion: anche se mollassi, non credo nuocerei molto alla campagna. Il problema è che doveva fare il doppio in NH, e che caspio.
Posta un commento