venerdì 14 dicembre 2007

Le scienze sociali come stregonerie

Recensione di : S. Andreski, Social Sciences as Sorcery, Andre Deutsch Ltd, London

Questo libro è una mina vagante, pericoloso, intollerabile. Per fortuna, sarà difficile che uno studente di psicologia, sociolgia, scienze politiche, studi della comunicazione lo prenda in mano, dato che non è presente in nessun programma accademico. Sarà difficile che lo stesso studente, lo scovi per caso in una biblioteca universitaria, dato che sono pochissime a possederlo, e poi gli studenti devono passare gli esami, mica hanno tempo da perdere in letture extrascolastiche (quello che avanza è riservato a World of Warcraft).
Che succedesse se un anonimo studente delle discipline sopra elencate riuscisse ad entrare in possesso di una copia, magari vecchia decrepita, magari confinata nel dipartimento di scienze motorie? Scoprirebbe l'amara realtà: i testi che gli sono stati presentati come lavori di fondamentale importanza (e che si era convinto di capire), pietre miliari nell'indagine novecentesca sull'uomo e la società sono toilet paper. Il suo stesso professore universitario che, in fondo in fondo, aveva sempre ritenuto un cazzone, perderà quel residuo rispetto che era dovuto alla sua carica professionale. Se invece di uno studente anonimo, la maggior parte dei maturandi (ah, ah) leggesse "le scienze sociali come stregoneria" facoltà universitarie di indubbia attrazione, specie in Italia, si svuoterebbero.

Questo libro, scritto da un sociologo polacco, naturalizzato inglese, tenta di dimostrare (e ci riesce a pieno titolo, secondo me) che la stragrande produzione accademica dal dopoguerra in poi è da buttare, non solo perché non produce scienza, ovvero non dice niente, ma perché, in determinati casi è riuscita a peggiorare le cose. Si potrebbe supporre -dice ad esempio Andreski- che il formidabile aumento di psicologi e di sociologi che spesso diventano consulenti scolastici e familiari abbia migliorato la situazione dei paesi che "infestano". Ed invece no: la famiglia non è mai stata così debole, i divorzi sono al massimo storico, il sistema scolastico perde in continuazione credibilità. Lo stesso guardare all'essere umano come entità guidata da oscuri istinti animaleschi comporta un'inevitabile serie di profezie che si auto avverano: l'analisi dell'amicizia maschile come omosessulaità latente, ad esempio ha determinato il deterioramento dei rapporti umani tra lo stesso sesso; dopo Kinsey, siamo abituati a classificare la felicità di una coppia dal numero di copule mensili.

Se i risultati della psicologia e della sociologia applicata qui si esauriscono, figuriamoci quella teorica. Fantastilioni di pagine che raggiungono il loro obbiettivo: non spiegare nulla, anzi complicare le poche cose che risultavano chiare. Andreski è spietato con tutti i luminari del mondo occidentale: ce ne sono per Parsons (che secondo l'autore ha riscritto in modo più fumoso le tesi che già furono di Herbert Spencer, compiendo errori nell'aggiungere e nel togliere) per Lévi-Strauss, il cui metodo di trascrizione che scimmiottava quello della matematica è abilmente sbeffeggiato, per Lazersfeld demolito con un frase ("se la persona è più influenzabile dagli amici che dai mezzi di comunicazione di massa, chi influenza l'amico?") . Nemmeno l'economia dei mille modelli keynesiana e neoclassica viene risparmiata dall'accusa di alienazione dalla realtà.
Eppure, dice Andreski, tutti questi studi mediocri provengono dal medesimo campo di indagine che ci ha portato pensatori di altissimo livello (Tocqueville, Marx, Pareto, Mosca, Spencer), che è accaduto? Andreski individua la crisi delle scienze sociali in un momento storico ben preciso: quando gli studiosi hanno smesso di scrivere perché avevano qualcosa da dire e hanno iniziato ad essere dipendenti dello Stato. La conseguenza è stata innanzitutto che gli accademici "dovevano" produrre pezzi scientifici per ottenere lo stipendio. Nella generale mancanza di idee va sempre bene "truccare" i propri scritti con un linguaggio oscuro e malmostoso in modo di fare sentire cretino il lettore (che quindi ha bisogno del sociologo-stregone).

Ma ben più grave è il fatto che le scienze che hanno come campo di indagine l'uomo e come si costituisce in società siano passate al soldo del potere costituito. Tutti gli studiosi elencati precedentemente avevano una visione molto critica dello Stato, la cui realtà era smascherata nei loro scritti, ora -scrive l'autore- studiosi che dichiarano un'influenza marxista produce studi per spiegare ai governi come manipolare il consenso dei cittadini. E' lo stesso Talcott Parsons a spiegare che il potere è funzionale ad una domanda di controllo e che, quindi, ribellarsi al giogo di un Hitler è "antisociale".

Per concludere un'ultima citazione che ci riguarda da vicini:
"L'Italia prefascista ha ospitato pensatori pionieri in ciò che ora possiamo trovare datato, ma che ha portato un significativo contributo allo sviluppo delle scienze sociali [...] Nonostante il suo progresso economico, la letteratura successiva alla seconda guerra mondiale non contiene nulla di originale, consiste in riassunti di libri di testo americani e in agiografie marxiste [...] Il secondo fenomeno si mischia con con la dominazione della scena culturale italiana, che rispecchia l'arena politica: una Democrazia Cristiana di orientamento capitalista che porta avanti la propaganda della Chiesa e che si oppone a chi si affida al verbo marxista e all'oro sovietico " (pag. 222, mia traduzione).


Andreski scriveva nel 1975 e si dichiarava "un disperato ottimista". In questo, forse sbagliava.


Referenza bibliografica italiana:

Andrzejewski, Stanislaw
Le scienze sociali come stregonerie / Stanislav Andreski
Roma : A. Armando, c1977.

238 p. ; 20 cm ( Controcampo ; 3. )
Trad. P. Stefani
Titolo originale: Social sciences as sorcery
BN 792062.


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6 commenti:

InVisigoth ha detto...

Fantastica citazione bibliografica.

Mi viene in mente, come accostamento di idee (molto inadeguato, ovviamente, ma immediato), la psicologia, che da scienza si è ridotta al rango di mera giustificazione processuale per ogni sorta di delitto.

Solo una cosa: magari aggiungi per esteso (se li hai) i riferimenti del libro (l'autore ce l'abbiamo, titolo originale, case editrice, anno di edizione), in modo che se, qualcuno vuole, attraverso internet magari riesce a procurarselo.

Orso von Hobantal ha detto...

Fatto, non riuscivo a trovare il cognome dell'autore per motivi dovuti alla trascrizione...
Sorpresa sorpresa è edito dall'Armando :)

InVisigoth ha detto...

Trovato: è presente nella biblioteca del dipartimento di filosofia della mia università. :)

Anonimo ha detto...

Sembra molto interessante. In effetti la mediocrità della media delle opere accademiche è manifesta, però volevo dire una cosa a favore della contemporaneità: del passato ricordiamo solo i Tocqueville, appunto. Possiamo quindi dire che tra cent'anni, sperabilmente, avremo dimenticato gli... non faccio nomi.

C'è una sorta di selezione naturale che spinge le statistiche passate a sovrastimare la quantità di geni...

LF
2909.splinder.com

Anonimo ha detto...

su lazarsfeld ha detto una puttanata clamorosa e semplicistica (per fortuna altrimenti ci possiamo scordare il beneamato ron sopra lo 0,2% )

su pareto: considera che fu ministro fascista, e quando studiò la sociologia concluse che la gente è stupida e irrazionale e che la gente più elevata e razionale dovrebbe dirigerla utilizzando magari le loro stesse pulsioni irrazionali.

che ne so, usare l'irrazionale religioso per far credere al popolo stupido che se uccide andrà all'inferno.

Mussolinio si innamorò e si ispirò al suo trattato di sociologia generale e lo fece ministro.

Orso von Hobantal ha detto...

Pareto era un uomo con delle idee di merda, non lo metto in dubbio. Ma è stato uno degli ultimo studiosi ad avvicinarsi allo studio sistema politico con un metodo realistico. Il fatto che poi, accortosi dello stato come mezzo di sfruttamento, non abbia denunciato il sistema politico ma ne abbia approfittato toglie merito all'uomo, non allo studioso.
Su Lazersfeld: io continuo ad essere molto critico sull'influenza reale dei mass media (e la teoria di Laz mi è sempre sembrata una delle più rispettose dell'intelligenza umana) ma devo dire che la critica ci sta tutta. La soluzione proposta non è persuasiva per demolire i sostenitori della bullet theory e dell'alta influenza dei media, rimanda solo il problema. Ciò non toglie che anche questi ultimi siano al torto marcio, secondo me.