domenica 6 aprile 2008

Il Vangelo secondo Mises

Mentre Ismael pubblica na recensione del libro di Paolo Zanotto (che non è l'ex sindaco di Verona) sul rapporto tra Cattolicesimo, Protestantesimo e Capitalismo (a cui Sgembo e 2909 rispondono), sul Gongoro appare la traduzione di un lungo articolo di Laurence Vance che difende il libero mercato sulla scorta di passi biblici.
Sul rapporto tra religione ed economia è stata scritta, in ambito liberale, un sacco di roba, specie in Italia, dove alcuni intellettuali cattolici (oltre a Zanotto occorre ricordare Guglielmo Piombini) hanno ben metabolizzato la lezione "paleo" dell'ultimo Rothbard. Personalmente non ho letto il libro di Zanotto, né il Vangelo non è socialista di Ropke, ma ho ben presente diversi articoli, in particolare del "Piombo". Il mio umile parere è questo: cercare di vendere il libero mercato come "invenzione" del cattolicesimo è un errore concettuale, per quanto possano essere lodevoli gli argomenti, storici, filologici ed esegetici riportati. Il cristianesimo ed il capitalismo sono due accidenti della civiltà occidentale, per quanto importanti. Si ritrovano, per forza di cose, nello stesso calderone culturale assieme a industrialesimo, liberalismo, democrazia, socialismo. Dire che il capitalismo è debitore al cristianesimo è dire tutto e dire niente, anche il marxismo lo è, piaccia o non piaccia.
Piuttosto, pubblicazioni del genere risultano utili per un'altra, serissima battaglia: quella all'interno dello stesso cristianesimo, in particolare del cattolicesimo. E' innegabile che gran parte del clero, compreso lo stesso Pontefice (nonostante le spericolate acrobazie esegetiche di molti tra i succitati intellettuali) siano intrisi dei più infondati pregiudizi contro il libero mercato. In particolare nessuno, dalla suora dell'asilo al vescovo, passando per il parroco negherà che la povertà dei paesi del terzo mondo è dovuta al fatto che "noi siamo troppo ricchi".
Perché, alla fin fine, il cattolico, come l'ateo, il buddista e whatever, può essere statalista o liberale, spetta solo a lui.

12 commenti:

Anonimo ha detto...

Avevo già letto le tue considerazioni da Sgembo.
Comprimere in poche righe una valida risposta al discorso che fai risulterebbe inane (il dibattito sul tema è potenzialmente infinito) e ripetitivo (ho già detto quel che penso nella mia risposta a LF).
Brutalizzando oltremodo la faccenda, concepire la Storia come un terno al lotto, a conti fatti, equivale a liquidare lo studio organico dei processi storici come impossibile o al limite impraticabile. Invece nessun "accidente", con la finestra di opportunità che apre su determinate fasi storiche, può produrre conseguenze senza che alla base vi sia un'esigenza socio-culturale da soddisfare, un'attesa preesistente da parte di gruppi di tendenza più o meno organizzati.
E quella tensione ha origini culturali. Per quanto riguarda la gran messe di movimenti filosofici in apparente contrasto con la dottrina cristiana "mercatista", basti dire che qualunque sistema etico totalmente slegato dalla metafisica (nelle forme e nei modi più o meno maldestri con cui tali concezioni si sono storicamente avvicendate) in un modo o nell'altro divinizza certi aspetti della mondanità, dell'immanenza. E viene puntualmente stigmatizzato dalla Chiesa come eretico, solitamente: non sono certo io il primo a vedere nel socialismo il frutto di un pensiero ereticale, "deviato" rispetto all'insegnamento evangelico pur essendo profondamente "occidentale".
Sui millenarismi e sulla continuità tra antiche eresie e moderne ideologie Zanotto ha alcune tra le migliori pagine del libro.
Ti ringrazio molto dell'attenzione.

Anonimo ha detto...

Bisogna mettersi d'accordo sul significato del termine "accidentale".

Se significa "casuale", indubbiamente lo studio della Storia è impossibile. Se significa "non progettato", in stile Hayek, lo studio della Storia rimane possibile.

Concordo col post. Tutto sta nella capacità di accettare e realizzare in pratica quella specificità (finora) dei White Anglo-Saxon Protestants che è una società liberale funzionante.

LF

Anonimo ha detto...

Ah. Ma allora tutto sommato siamo abbastanza vicini.

La cosa non mi stupisce affatto, se penso - andando volutamente OT - agli argomenti epistemologici che avanzavi in una discussione su metodo Austriaco vs. positivismo tenutasi sul blog Liberalizzazioni a Gennaio.
L'ho scovata solo oggi; dici cose che condivido nel modo più fermo. Sto riflettendo su come applicarle alla mia prossima recensione, dedicata all'evoluzionismo.

Anonimo ha detto...

Beh, è stato recentemente rilinkato da Trovato su Liberalizzazioni. I prossimi due articoli su IBL complementeranno le tesi del XII.

Ho inoltre riscritto una breve noticina sui vari post che sono spuntati a partire dal tuo...

LF

Orso von Hobantal ha detto...

Quando ieri ho adoperato la parola "accidente" avevo paura fosse fraintesa, questo è la quinta accezione che dà il De Mauro online ed è quella che intendo io:

filos., nella filosofia aristotelica, ciò che appartiene a qcs. pur non facendo parte della sua essenza.

Forse non è totalmente corretto lo stesso, ma si avvicina con una buona approssimazione a quanto credo (non nel senso di casuale, insomma). Il libero mercato è una conseguenza della suddivisione del lavoro, la quale è a sua volta una conseguenza di determinati avanzamenti scientifici che avvennero in occidente durante il periodo classico. Questi due fattori originarono in seguito la figura dell'imprenditore che, in seguito ad altre scoperte scientifiche generò la rivoluzione industriale, che a sua volta fu indispensabile (una volta attinta da un'eresia antica quanto la civiltà occidentale: la tradizione della società chiusa, per dirla con Popper) alla nascita del movimento socialista.
Ora: la domanda più che legittima è la seguente: quanto c'entra il cristianesimo con queste cose? Se Zanotto vuole tentare di rispondere a questa domanda, anche da un punto di vista "partigiano" va più che bene, per le motivazioni che ho già esposto. Se la risposta è che il capitalismo è conseguenza diretta del cristianesimo, la rifiuto, in quanto non è falsificabile puoi solamente crederci o meno.

Infine, il buon Piombini può sostenere finché vuole che il protestantisimo è meno liberale de cattolicesimo (cosa in parte vera perché il protestantesimo, più del cattolicesimo ha inventato lo stato moderno) ma se ignora che storicamente i paesi più liberali sono stati quelli protestanti, sta barando.

Ho banalizzato più di te, Ismael, ma questo è quanto alla mia portata.

Anonimo ha detto...

Non direi che il protestantesimo in genere è liberale. Direi che alcuni stati protestanti, anglosassoni, sono gli unici esempi pratici di liberalismo... a questo punto il protestantesimo probabilmente non c'entra semplicemente nulla...

Anzi si potrebbe dire che nazionalizzando la Chiesa in Inghilterra hanno corso il rischio di concentrare troppo potere nel Re, ma fortunatamente l'aristocrazia e la borghesia hanno retto come "contropoteri"...

LF

Anonimo ha detto...

Credo che sia importante distinguere il "Cattolicesimo" dal "Cristianesimo", in particolare da quello biblico del Protestantesimo classico. I due termini non sono sinonimi. Il primo è autoreferenziale; il secondo riconosce come unica autorità infallibile la Scrittura. La Bibbia insegna molto chiaramente i principi base del liberismo che hanno dato vita al grande capitalismo europeo moderno (non quello contemporaneo): inviolabilità della proprietà privata (ottavo e decimo comandamento), responsabilità individuale, lavoro come vocazione e non come punizione, onestà, rapporto fra individui espresso in forma di patto, stato con autorità e doveri ben circoscritti.
Il Cattolicesimo, con la sua dottrina sociale d'ispirazione marxista, non ha nulla a che vedere con lo sviluppo della borghesia e del capitalismo, che infatti sono duramente contrastati. Basta pensare che Gregorio XVI fu molto ostile alla ferrovia e all'istruzione pubblica, perché commerci e cultura avrebbero creato una classe borghese indipendente e intraprendente. Nei paesi protestanti, invece, proprio la lettura della Bibbia incoraggiò l'alfabetizzazione e fornì la spina dorsale etica del (vero) capitalismo.

AS

Orso von Hobantal ha detto...

Oddio, "di ispirazione marxista" è abbastanza pesante come affermazione. Di può dire che la dottrina sociale della chiesa ha assorbito qualche spunto social-democratico (e comunque non ha mai rinunciato alla difesa della proprietà privata), questo sí, ma anche moltissime congregazioni protestanti sono economicamente liberal.
Quello che molti si ostinano a non considerare è che c'è un buon pluralismo, sia all'interno della Chiesa Cattolica, sia, a maggior ragione nel Cristianesimo.

P.S. Opporsi alla ferrovia pubblica e alla pubblica istruzione è una posizione assolutamente liberale :D

Anonimo ha detto...

Scusa se sono petulante, poi non rispondo più.
Il problema di una definizione aristotelica dell'accidente sta ovviamente in quella, a cui essa rinvia ineludibilmente, di essenza. Qual è il principio vitale - l'entelechia, visto che parliamo in questi termini - dell'ente considerato? Faccio notare che parliamo nientemeno che della Storia (per taluni l'ente degli enti).
Fai riferimento al principio di divisione del lavoro, se ho ben capito: ma in molte parti del mondo non se n'è avuta traccia se non fino al periodo coloniale.
Dici che la coessenzialità di cristianesimo (termine sinonimo di cattolicesimo per almeno un migliaio d'anni dagli albori) e imprenditorialità è un'affermazione non falsificabile. Eppure bastrebbe riscontrare l'esistenza di un analogo spirito "capitalista" - attenzione, non una generica vocazione al commercio - in altre culture per invalidarla. Se ne ha notizia? A mio avviso non in modo organico come in Europa.
Dire poi che l'area protestante ha espresso gli stati più liberali è fare un'affermazione perlomeno discutibile. La Germania e la Scandinavia non mi sembrano esattamente gli eden del liberalismo (anche se mai come in questo discorso occorrerebbe parlare di liberalesimo). E l'area anglosassone/anglicana va considerata anticattolica più sul piano politico che teologico/dottrinale, vista la ben nota comunione tra high church e Chiesa Cattolica sotto molti aspetti sostanziali.
Casomai, secondo me, si può dire che in certe zone il pluralismo confessionale creatosi con la Riforma, unito al cuius regio eius religio, ha gettato involontariamente le basi del moderno federalismo. Da cui un esito "accidentale" nell'accezione che condivido anch'io.

Orso von Hobantal ha detto...

Ismael, è sempre un piacere. Tieni conto che ho risposto di fretta e male, quindi mi fa piacere chiarire.
1) L'ente in questione è la civiltà occidentale. Il capitalismo è sicuramente un accidente di questa, il cristianesimo? Boh, ma di certo il concetto di occidente gli preesisteva.
2)Dove non c'era la divisione del lavoro non c'era nemmeno il capitalismo, mi sembra ovvio. Dato che quassi sicuramente concorderai con me, temo di non avere capito la questione.
3)l'affermazione non falsificabile è "il cristianesimo ha originato il capitalismo" non "la civiltà occidentale ha prodotto il capitalismo". Infatti è sotto gli occhi di tutti che, tra tutte le civiltà note, solo quella occidentale è economicamente avanzata. Per verificare la prima, invece, bisognerebbe immaginare come la civiltà greco-romana sarebbe avanzata senza la religione cristiana, il che è impossibile (te la sentiresti di escludere che il capitalismo non si sarebbe sviluppato? Io no, anche se sono convinto che il Cristianesimo abbia aiutato).
4) Concordo assolutamente con te. Anzi, al contrario del cattolicesimo il protestantesimo prevede il concetto di Stato, come ha sottolineato Piombini in un articolo. Le tue affermazioni su Inghilterra ci stanno tutte dato che gran parte del pensiero liberale lí è nato (ma non escluderei l'Olanda). Però il paese che ha più applicato il concetto di liberalismo rimane gli Stati Uniti delle origini, tutt'altro che cattolici.

Anonimo ha detto...

"e comunque non ha mai rinunciato alla difesa della proprietà privata"

Cito il messaggio di Ratzinger per la Quaresima 2008: "Secondo l’insegnamento evangelico, noi non siamo proprietari bensì amministratori dei beni che possediamo: essi quindi non vanno considerati come esclusiva proprietà..." Non so quale "insegnamento evangelico" abbia in mente, ma di certo non è quello biblico dove, dicendo "Non ruberai", Dio afferma non solo l'esistenza della proprietà privata, ma anche la sua assoluta inviolabilità. Le radici del liberismo non sono certo a Roma.
Se posso consigliare una lettura, questo articolo "http://www.trinityfoundation.org/journal.php?id=214" può offrire qualche spunto di approfondimento. L'autore è John Robbins, ex capo dello staff di Ron Paul.

AS

Orso von Hobantal ha detto...

Laddove io leggo un messaggio di portata escatologica e metafisica (cioé che questa vita è transitoria e tali sono i beni che ci troviamo a possedere), Ratzinger ci trova un'indicazione economica e politica.
Non è il primo. Personalmente me ne frego, se qualche cattolico ci vuole dare importanza peggio per lui.

Quello che io voglio dire, caro AS, è che il dibattito su chi sia più liberale, cattolici o protestanti è molto complesso, forse inutile, e non si può liquidare con veloci giudizi, almeno per rispetto di chi ci ha dedicato tempo e studio.
Per quanto mi riguarda è assolutamente secondario: ci sono stati liberali cattolici e protestanti, statalisti papisti e antipapisti.

Grazie del link. Tornando a Ron, pensiamo solo a quanto la pensano diversamente all'interno della chiesa Battista Americana. C'è Paul, il comunitarista conservatore Huckabee, e quel reverendo fuori di testa amico di Obama... La religione è solo una parte degli insiemi di valori di un'individuo e per quanto rilevante non la sopravvaluterei.
Ah, uno dei 193 figli di Ron Paul è cattolico, e promette bene in politica, staremo a vedere...