Posto qui questa roba, apparsa nel sito del Movimento Libertario l'altro giorno, e che costituisce la versione "seria" dello sfogo contro il Walter nazicostituzionalista.
Durante l'ultima settimana di campagna elettorale, i candidati vanno sempre alla ricerca di una bomba: un scoop, una promessa, qualcosa di eclatante in grado di disarcionare l'avversario. Ma i nostri politici sembrano avere anche grossi limiti d'inventiva, così Walter Veltroni, leader del PD, ha ben pensato di sfidare il concorrente Silvio Berlusconi, sulla fedeltà repubblicana.
In particolare, nella sua lettera all'avversario, Veltroni chiede di difendere l'unità nazionale, di rifiutare ogni forma di violenza, quatunque verbale, di rispettare i simboli repubblicani come la bandiera e l'inno di Mameli e di giurare fedeltà alla costituzione (cosa che un premier è comunque obbligato a fare). È evidente il tentativo di guadagnare disperatamente terreno, sfruttando i timori che una forza fintamente antistatalista e "sovversiva" come la Lega Nord genera in alcuni strati dell'elettorato.
Durante l'ultima settimana di campagna elettorale, i candidati vanno sempre alla ricerca di una bomba: un scoop, una promessa, qualcosa di eclatante in grado di disarcionare l'avversario. Ma i nostri politici sembrano avere anche grossi limiti d'inventiva, così Walter Veltroni, leader del PD, ha ben pensato di sfidare il concorrente Silvio Berlusconi, sulla fedeltà repubblicana.
In particolare, nella sua lettera all'avversario, Veltroni chiede di difendere l'unità nazionale, di rifiutare ogni forma di violenza, quatunque verbale, di rispettare i simboli repubblicani come la bandiera e l'inno di Mameli e di giurare fedeltà alla costituzione (cosa che un premier è comunque obbligato a fare). È evidente il tentativo di guadagnare disperatamente terreno, sfruttando i timori che una forza fintamente antistatalista e "sovversiva" come la Lega Nord genera in alcuni strati dell'elettorato.
In realtà quelle elencati dal sindaco di Roma, sono alcune delle più antiche e vincenti mitologie che giustificano il colosso leviatanico della Repubblica italiana. L'unità d'Italia, vista come obiettivo unico e irrinunciabile, dato che la nostra Costituzione ne vieta il discioglimento, soverchiendo il legittimo diritto alla secessione, qualora una minoranza lo richieda, è anche la maggiore giustificazione della redistribuzione statale del benessere economico. In mancanza di una forte ideologia socialista, che non ha mai attecchito realmente in Italia, si è preferita la suddivisione geografica alla lotta di classe: le zone del paese più benestanti dovevano (e devono) contribuire ad aiutare quelle più sfortunate, in un circuito di solidarietà a senso unico.
L'altro punto veltroniano è la venerazione della Costituzione, pratica rinvigorita in seguito al referendum 2006 che ha visto il trionfo di una campagna a dir poco fideistica e irrazionale. Quella che Veltroni vuole continuare a vendere è il mito che una legge scritta sessant'anni fa, dettata da precisi interessi contingenti, abbia un valore eterno e immutibile.
Decenni di errata educazione civica hanno indotto le menti più istruite del paese in un tragico fraintendimento: che i nostri diritti basilari e la nostra libertà siano dovuti alla Costituzione, che bisogna quindi salvaguardare oltre ogni limite. Al contrario; la Costituzione della Repubblica Italiana non è assimilabile a quelle di stampo liberale (tra le quali l'esempio più prominente viene dagli Stati Uniti d'America), carte che avevano lo scopo di limitare il raggio d'azione del sovrano e del governo e che molto spesso questi ultimi cercano di aggirare, è un programma politico: un accordo di intenti tra le due forze allora più influenti: i cattolici e i comunisti. Tra gli articoli di questa legge fondamentale si scorge la presenza di uno Stato assoluto, per quanto democratico nelle sembianze, si respira il più totale disprezzo per la proprietà, subordinata all'interesse nazionale, ovvero della classe politica al potere, caratteristiche che insospettirono un liberale come Luigi Sturzo che a suo tempo definì l'opera dell'Assemblea Costituente: "il fascismo senza Mussolini". Da un punto di vista burocratico, inoltre, la costituzione è il grande freno che da anni impedisce di riorganizzare la macchina pubblica in modo da venire maggiormente incontro al cittadini nei servizi di monopolio statale.
Un politico coraggioso, che volesse davvero darsi da fare per migliorare le cose, dovrebbe avere il coraggio di ammettere che la modifica della Costituzione non è un sacrilegio, ma al contrario un'assoluta priorità. Non è così per chi del parassitismo ha fatto da tempo la sua ideologia e ragione di vita, come la generazione cresciuta nel PCI e che, dopo il muro di Berlino si attacca a quanto di più socialista c'è in circolazione: la costituzione e la retorica patriottarda.
L'altro punto veltroniano è la venerazione della Costituzione, pratica rinvigorita in seguito al referendum 2006 che ha visto il trionfo di una campagna a dir poco fideistica e irrazionale. Quella che Veltroni vuole continuare a vendere è il mito che una legge scritta sessant'anni fa, dettata da precisi interessi contingenti, abbia un valore eterno e immutibile.
Decenni di errata educazione civica hanno indotto le menti più istruite del paese in un tragico fraintendimento: che i nostri diritti basilari e la nostra libertà siano dovuti alla Costituzione, che bisogna quindi salvaguardare oltre ogni limite. Al contrario; la Costituzione della Repubblica Italiana non è assimilabile a quelle di stampo liberale (tra le quali l'esempio più prominente viene dagli Stati Uniti d'America), carte che avevano lo scopo di limitare il raggio d'azione del sovrano e del governo e che molto spesso questi ultimi cercano di aggirare, è un programma politico: un accordo di intenti tra le due forze allora più influenti: i cattolici e i comunisti. Tra gli articoli di questa legge fondamentale si scorge la presenza di uno Stato assoluto, per quanto democratico nelle sembianze, si respira il più totale disprezzo per la proprietà, subordinata all'interesse nazionale, ovvero della classe politica al potere, caratteristiche che insospettirono un liberale come Luigi Sturzo che a suo tempo definì l'opera dell'Assemblea Costituente: "il fascismo senza Mussolini". Da un punto di vista burocratico, inoltre, la costituzione è il grande freno che da anni impedisce di riorganizzare la macchina pubblica in modo da venire maggiormente incontro al cittadini nei servizi di monopolio statale.
Un politico coraggioso, che volesse davvero darsi da fare per migliorare le cose, dovrebbe avere il coraggio di ammettere che la modifica della Costituzione non è un sacrilegio, ma al contrario un'assoluta priorità. Non è così per chi del parassitismo ha fatto da tempo la sua ideologia e ragione di vita, come la generazione cresciuta nel PCI e che, dopo il muro di Berlino si attacca a quanto di più socialista c'è in circolazione: la costituzione e la retorica patriottarda.
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