martedì 29 aprile 2008

La Toyota Prius è da gay

Dal Suv al Guv. Sembra che la Toyota sia riuscita nell'impresa di produrre la prima utilitaria a misura di omosessuale. Una facile tormentone, per quanto credibile, lanciato dal geniale ventriloquo Jeff Dunham (chi ha pazienza e vuole divertirsi provi a vedere qui, qui, e qui) ma del tutto vero. Oltreoceano tutta la comunità LGTB (per i non esperti include: gli omo-omosessuali, le done-sessuali, i gli omo ora done, le done ora omo, e gli omo-done-sessuali) dimostra una grande attenzione alle tematiche ambientali, specie quando può esibirla in pubblico con un simpatico gadget da poche migliaia di dollari. Tra queste, la Toyota Prius furoreggia, sul il sito specializzato GayWheels.com è la settima per ricerche online.
Risulta evidente che l'omosessualità rivestirà un ruolo importante nella lotta al riscaldamento globale, secondo alcuni scienziati operanti nell'ambito delle ONG se si riuscirà a portare la percentuale mondiale dei LGBT, in particolare nei paesi in via di sviluppo, ad una dimensione sufficiente, avremo qualche possibilità di salvare il destino del pianeta. L'unico problema che potrebbe incorrere al quel punto sarebbe contrastare il livello di smug, ma degli studiosi dell'università di Canberra sono già al lavoro.
Quanto a voi, se avete un amico con la Prius che passa tutto il tempo a sfracellarvi i maroni con i consumi ridotti, con la ecocompatibilità, con il cambio che cambia eccetera, non ve la prendete, è solo gay e sta cercando un modo carino per dirvelo.

lunedì 28 aprile 2008

Comunali, flussi, minchiate varie...

Oggi la città di Vicenza era sul sitone del corriere della sera, primo titolo, caratteri cubitali. "Alemanno allunga su Rutelli. Il centrosinistra strappa Vicenza". Che Alemanno, uomo della Sinistra Arcobaleno infiltrato nel Pdl, avesse vinto lo sapevano anche i sassi, essendo consistente il suo vantaggio a due terzi dei seggi scrutinati, ma per il corriere "allungava"; di tutto un altro spessore il vantaggio della sinistra sui Berici, dato che il candidato del PD aveva appena vinto con 600 voti di scarto.
Strabiliante: a Vicenza viene rieletto sindaco (lo era già stato nel 1995) un democristiano con meno dell'1% di vantaggio. Questo dopo che al primo turno a la sua coalizione aveva preso il 30 contro il 39% del centrodestra. Questo dopo 5 anni di beghe che avevano portato il comune sul filo del commissariamento, dopo il Dal Molin, dopo che l'amministrazione uscente di Hullweck, il sindaco coi puntini sulla u, aveva regnato nel più totale disprezzo della trasparenza politica. Direi che il vento sta cambiando.
Fossi un politicante, sempre che mi fregasse qualcosa di vincere, farei delle primarie locali prima di imporre una tizia della nomenclatura, eurodeputata che a Vicenza ha messo piede sì e no due volte nella vita: Lia Sartori, dal passato craxiano, di professione gestore di enti pubblici, volto notoriamente popolare nel veneto che produce. L'ennesima vittima (e non sono mai troppe) di un sistema che giustifica se stesso. Il centrodestra e la Lega considerano queste contrade come roba sua, candida chi vuole di qua e chi vuole di là, spartendosi le poltrone. Bene, sono riusciti nell'impresa di perdere a Vicenza, dove avrebbe vinto persino il can del pegnattaro con i giusti contrassegni.
Intanto il PdL gioisce per Alemanno, il primo barese a diventare sindaco di Roma. Il fatto che nella stessa città il centrosinistra faccia incetta alle provinciali non vuol dire niente, i romani votano Gianni perché vanno matti per Berlusconi, mi sembra ovvio.
Ma sono tutte considerazioni alla portata dei grandi opiniosti, quelli che vanno in TV perché capiscono la ggente.
Tipo Gianni Sartori (che entra in questo post solo perché ha il nome di Alemanno e il cognome della bella Amelia) professorone di Scienza della Politica, che di recente ha rispolverato la teoria dei cleavages per spiegare il fenomeno Lega. "La Lega non è un partito che si pone sull'asse destra-sinistra" ci illuminava "ma su quello centro-periferia". Bravo, prof., ci è arrivato solo 18 anni dopo lo studio, ormai classico, di Ilvio Diamanti e quando la Lega deve il suo exploit proprio al riposizionamento sull'asse destra-sinistra (a destra), cosa che non ha capito ancora nessuno, vabbé so aspettare quei quindici anni, magari Sartori ci arriva.
Poi c'è la menata dei flussi elettorali, che vedo spopola ancora. Vediamo: la sinistra radicale perde il 4%, la Lega guadagna la stessa percentuale. Per i nostri geniii l'elettorato comunista si è spostato nel partito di Bossi. Che è un po' come dire che se la popolazione di Bormio cala di 100 abitanti e Canicattì aumenta della stessa cifra, ci deve essere stata una migrazione di massa dalla Valtellina alla Sicilia. Siete scemi?
Comunque dato che ho indovinato già più di dieci giorni fa sia l'imprevedibile risultato di Roma (non ci ho scommesso sopra per poco), sia quello di Vicenza, mi propongo come nuovo commentatore politico o come professore universitario. Sono anche economico.

giovedì 24 aprile 2008

Grillata mista

Per essere onesti e dire pane al pane, bisogna ammettere che i tre referendum che Grillo si appresta a raccogliere nell'ambito del V-day 2 sono tra le iniziative più liberali degli ultimi tempi, qualcosa che fa rimpingere quanto fatto dal Partito Radicale tempo addietro.
L'abolizione dell'ordine dei giornalisti, del finanziamento pubblico ai giornali, abolizione della legge Gasparri sarebbero, se approvati, un toccasana per la libertà d'informazione e per i lavoratori che operano nel settore.
Il dubbio, però, è che servano a poco.

lunedì 21 aprile 2008

"No, non possiamo"

C'era una volta, tanto tempo fa un blog chiamato Antigiornale. Il sito non è aggiornato da molto tempo ma una delle sue migliori firme, Steppen, si fa vivo ogni tanto in questo forum. Di seguito è riportato il suo ultimo, illuminante editoriale sul fenomeno Barack Obama. Buona lettura.

"No,non possiamo",uno slogan miniarchico come un'altro

di Steppen

Se io fossi un miniarchico o se me ne fregasse qualcosa di qualsiasi cosa allora mi piacerebbe offrire una idea ai liberali,ai semi-libertari ,ai conservatori ..

Il motto "Yes,we can!" ,il simbolo multilingue intercontinentale della sfiga stessa,faxato a Veltroni,non e' farina del sacco dell'oliosissimo negro straccintesta ,con passato omosessuale all'universita' ,musulmano, Baraka Hussein Obama.
Esso non e' neppure materiale politico.
Per nulla.

" Si, se puede!" ,o " Si,podomos" e'purissima creatura calcistico-latino -americana.
I messicani ,apateticamente pronti all'ennesima umiliante sconfitta,promessa ad essi dalla Storia ,appena ottengono un risultato meno peggio del solito gettano temporaneamente zappa e sombrero e si riuniscono attorno alla piazza del villaggio per urlare istericamente, tutti abbracciati stile girotondo, lo slogan che ogni volta,senza errore o eccezione,premonisce ed io sempre prevedo correttamente,la sconfitta o eliminazione da mondiale,Copa America o Copa Libertadores.
Con le mie risate isteriche a seguire incorporate,ogni volta.

Ed a dirla tutta..non e' neppure tortilla loro,ma del Sudamerica..
Ma per tuffarsi ora nel profondo etimologico dello slogan del perdente bisognerebbe entrare senza paura nel tunnel epico delle notti dei tempi ante-Maradona e Duran Duran.

"Si,abbiamo pareggiato in casa ..ma non vi preoccupate,non c'e' problema ,noi possiamo tranquillamente vincere la' ", " possiamo fare 3 goals in casa ,anche 118" ,"possiamo vincere la cempos,abbiamo la squadra,si ,noi possiamo" hanno ripetuto arrogantemente e spudoratamente managers,dirigenza ed allenatori Inter parlando della loro marcia in Europa,causandomi ogni volta brividi da Polo Nord( ante riscaldamento globale naturalmente ,perche' in questo momento ,si sa, al Polo nord ci sono 20-22 gradi)e moti rabbiosi con distruzione di 2 cabine telefoniche incorporate.

Ultimamente pure totto totti e la roma del "calcio-spettacolo" stanno basando la loro "rimonta scudetto" ( cerrrrrto) sul motto del perdente eterno marchiato a ferro e fuoco( con mio sospirone di sollievo a seguire)

Torniamo alla politica:
Obama,questo Frankestein, prodotto ideale della democrazia e della confusione,questo perfetto composto di ogni possibile ingrediente della sconfitta,puzzle della perdenzologia omosessuale sinistra alla quale piace sempre,in fondo, prenderla in culo ,se davvero dovesse vincere le primarie,la nomination demo(ed e' molto dubbio perche' la dirigenza demo americana e' si psicopatica e criminale ma non totalmente masochista e fara' il possibile ,legale o illegale, per eleggere Hillary Clinton)il negretto frocio sta ,con il suo " Yes we can" ,preparando il partito democratico americano ad un disastro comparabile al Reagan-Mondale del 62 a 36.

Cerrrrrrto.. " Quasi nessuno avrebbe problemi col fare sposare la figlia ad un negro" ..cerrrrto.
Nessuno considera i froci "diversi",cerrrrto e " non avrebbe nessun problema se il figlio fosse frocio" ..cerrrrrrrto.
Questo dicono i sondaggi,gli stessi che dicono pure :
"Nessun problema con l' avere un negro musulmano frocio presidente" e danno Mc Cain gia' in vantaggio,comunque ,di soli 6-7 punti su Obama,i quali diventeranno tranquillamente 328 punti percentuali nella realta'.
Il "Yes, we can" man potrebbe riuscire nel miracolo di perdere pure la Cagalifornia per la sinistra americana!

Questo slogan e' marchiato a ferro e fuoco da decenni.

E siccome io schifo i perdenti e gli sfigati.
Siccome io adoro vincere ed apprezzo ,anzi ,esistono solo i vincenti ed il vincere nella vita.
Siccome la vittoria e' l'unica ragione di vita,si vive di solo vittoria,a differenza del pane..
..sovviene naturale dedurre che il Cosmo Dio l'Infinito Buddha il Karma lo Spirito Santo Tex Willer quel cazzo che e' non sembra apprezzare troppo questo motto ,il quale dice:
" Noi partecipiamo ad un gioco ma decidiamo ,arbitrariamente ,di averlo "gia' vinto" ,il che annulla il valore del gioco stesso con le sue difficolta' ,le sue variabili e dimostrazioni di abilita' richieste dalla realta' fisica per poterlo vincere.

E fa anche di piu' e di peggio in politica perche' decide per "il pubblico" quale sia " la vittoria" ,che cosa essi vogliano "vincere" ,spesso lasciando l'utente ,il potenziale sostenitore-elettore allibito ed anche un po' schifato.


E allora?
E allora..in politica...no,non si puo'.

No,noi non possiamo.
Ed anche :
No, VOI non potete.

No ,NON SI PUO' usare la "politica" ed i fumi generalizzanti che escono senza soste dai suoi tubi di scappamento per nascondersi e confondersi in un sistema criminale e parassitario,non puo' farlo nessun individuo,senza eccezioni.

No ,NOI politicanti non possiamo usare il potere politico per tassare,dominare,renderci indebitamente importanti e fermare la produttivita' e creativita' umane in alcun modo.

Ed infine:
No, VOI non potete usare , dipendere da,o sperare che "noi" ,o "la politica ",facciano qualcosa ,qualsiasi cosa di qualsiasi genere ,per voi ,per la vostra vita,per la vita di ogni singolo individuo .
Nessuno di voi puo'.


NO,NOI NON POSSIAMO.

martedì 15 aprile 2008

Trotterellando verso Trento e Bolzano

Non volevo fare analisi elettorali (la cosa non sarebbe esagerata dato che fiuto meglio di molti opinionisti) ma non posso fare a meno di evidenziare un risultato passato nell'indifferenza quello del Trentino - Sud Tirolo. E' un peccato che questa regione venga considerata (forse a ragione) abbastanza irrilevante, dato che il futuro di alcune issues a me care dipende in gran parte da essa.
Veniamo alla provincia di Trento: il risultato è assolutamente clamoroso. PDL-Lega batte il PD ed è la prima volta a memoria d'uomo che ciò accade. In particolare il partito di Bossi fa l'exploit, cosa che conferma il sentore della vecchissima guardia (quella che mi piace chiamare paleolega) che a votarla siano stati foresti, almeno elettoralmente parlando, (e basta guardare Emilia e provincia di Verona per esserne più convinti). Questo vuol dire due cose: prima di tutto è fallito il travaso dalla Margherita, il partito che aveva sostituito la DC, al Partito Democratico. I trentini sono conservatori nel sangue e devono fare uno sforzo di fantasia per votare sinistra, l'avvenuta fusione del fiorellino con i DS probabilimente l'ha reso più difficile.
La seconda è che sta per cedere il patto blasfemo con il centrosinistra per quanto riguarda le istanze autonomistiche. In parole povere: le cose negli ultimi tempi non sono andate benissimo neanche in Trentino e questa situazione potrebbe fare da preambolo allo spostamento dell'elettorato dalla parte dei "cattivi" rabbiosi e vogliosi d'indipendenza (nel loro caso ancora di più). Per il movimento federalista potrebbe trattarsi di una rivoluzione copernicana.
Ma è in Cruccolandia che si registra il cambiamento più sugoso. Ad un occhio inesperto può sembrare che non sia accaduto nulla, l'infame SvP ha vinto ancora. Invece tra le righe di quel 44,3% si vede un tracollo senza precedenti. Matthias, un mio vecchio fellow (ogni tanto si fa vivo nei commenti), ieri mi scriveva "con questa percentuale sembra ironico dirlo, ma è proprio così". In effetti il partito sudtirolese è calato di dieci punti, mentre nella provincia di Bolzano non si registra nessun aumento del PdL, anche se qualche segnale arriva dalla Lega. I veri vincitori, come sottolinea la destra austriaca, sono i Freiheitlichen un mix tra FPO (ex partito di Haider) e Lega Nord che fino a due anni fa manco esistevano. Se a ciò si somma un bel 5% di Union fur Sudtirol, indipendentista, si ha un quadretto dell'Alto Adige che avanza.
Non si tratta solo di quantità, ma anche di voti di qualità, dato che i Sudtirolesi si sono sempre contraddistinti per la caparbietà (che rasenta l'ottusità) con cui regalano il voto alla Stella Alpina. Sono persuaso che la cosca di Durnwalder ha, se non i giorni, gli anni contati, e che se il clima cambia come sta promettendo l'intera regione alpina diverrà la testa di ponte dell'ultrafederalismo antistatalista.

lunedì 14 aprile 2008

La sinistra arcobaleno vince in Nepal

Nello stesso giorno in cui il parlamento italiano vede per la prima volta dal dopoguerra le forze (dichiaratamente) comuniste senza rappresentanza, Bertinotti, Ferrando e le due insegnanti di lettere col sex appeal di un fagiolo (rispettivamente di sinistra critica e del Partito marxista-leninista) potranno consolarsi con un risultato altrettanto importante: quello che viene dal Nepal. Pare, infatti, che sotto l'Himalaya il partito di ispirazione maoista abbia ottenuto la maggioranza assoluta nelle elezioni per l'assemblea costituente e che il leader, un tizio ornato con corone di fiori, abbia già dichiarato che la nascitura sarà una repubblica comunista, con tanto di costituzione destinata a durare in eterno.
E' una buona notizia, perché il comunismo non è mai stato applicato coerentemente e, finalmente, in Nepal si potrà tentare l'esperimento. Finalmente i contadini, che sotto il regime monarchico-feudale lavoravano in condizione di semischiavitù per non più di 25$ al mese, potranno godere della nazionalizzazione dei terreni; come prima non saranno padroni di un cazzo, ma questa volta il cazzo sarà di tutti. I paesi comunisti hanno avuto problemi di autoritarismo, in passato. In Nepal non accadrà, perché non ci sono dissidenti. E se ci sono, in qualche modo spariranno...
E noi, quando ci arriveremo? Speriamo solo che nel frattempo il capitalismo non distrugga irreversibilmente la nostra amata terra...

Strumentalizzati

Ho appena sentito dire su Sky Tg24: "l'alta affluenza (oltre l'80%) dimostra che la gente crede nella bontà della politica, che è ancora possibile cambiare in meglio con essa".
Un cordiale affanculo a tutti i menopeggisti e al partito del "votare non legittima nulla".

venerdì 11 aprile 2008

Son tutti italiani con le tasse degli altri...

Gli "italiani" all'estero hanno già votato. La maggior parte ha ricevuto a casa una busta già affrancata contenente le schede, pronta per la spedizione. Nonostante ciò ha votato solo il 41% degli aventi il diritto. Occorre ricordare inoltre che la gran parte di loro (il voto all'estero fu decisivo nel 2006) non subirà le conseguenze, specialmente quelle fiscali, del nuovo smagliante governo, qualunque esso sia. Un bel dispendio di risorse ed energia, con i soldi di tutti.
Il motto whig "no taxation without representation" aveva certo le sue ragioni, ma vale anche il contrario.
Questa era l'ultima nota polemica, passerò il week-end a Turku. Buona sopravvivenza.

La costituzione: ultimo rifugio dei parassiti

Posto qui questa roba, apparsa nel sito del Movimento Libertario l'altro giorno, e che costituisce la versione "seria" dello sfogo contro il Walter nazicostituzionalista.

Durante l'ultima settimana di campagna elettorale, i candidati vanno sempre alla ricerca di una bomba: un scoop, una promessa, qualcosa di eclatante in grado di disarcionare l'avversario. Ma i nostri politici sembrano avere anche grossi limiti d'inventiva, così Walter Veltroni, leader del PD, ha ben pensato di sfidare il concorrente Silvio Berlusconi, sulla fedeltà repubblicana.

In particolare, nella sua lettera all'avversario, Veltroni chiede di difendere l'unità nazionale, di rifiutare ogni forma di violenza, quatunque verbale, di rispettare i simboli repubblicani come la bandiera e l'inno di Mameli e di giurare fedeltà alla costituzione (cosa che un premier è comunque obbligato a fare). È evidente il tentativo di guadagnare disperatamente terreno, sfruttando i timori che una forza fintamente antistatalista e "sovversiva" come la Lega Nord genera in alcuni strati dell'elettorato.

In realtà quelle elencati dal sindaco di Roma, sono alcune delle più antiche e vincenti mitologie che giustificano il colosso leviatanico della Repubblica italiana. L'unità d'Italia, vista come obiettivo unico e irrinunciabile, dato che la nostra Costituzione ne vieta il discioglimento, soverchiendo il legittimo diritto alla secessione, qualora una minoranza lo richieda, è anche la maggiore giustificazione della redistribuzione statale del benessere economico. In mancanza di una forte ideologia socialista, che non ha mai attecchito realmente in Italia, si è preferita la suddivisione geografica alla lotta di classe: le zone del paese più benestanti dovevano (e devono) contribuire ad aiutare quelle più sfortunate, in un circuito di solidarietà a senso unico.

L'altro punto veltroniano è la venerazione della Costituzione, pratica rinvigorita in seguito al referendum 2006 che ha visto il trionfo di una campagna a dir poco fideistica e irrazionale. Quella che Veltroni vuole continuare a vendere è il mito che una legge scritta sessant'anni fa, dettata da precisi interessi contingenti, abbia un valore eterno e immutibile.
Decenni di errata educazione civica hanno indotto le menti più istruite del paese in un tragico fraintendimento: che i nostri diritti basilari e la nostra libertà siano dovuti alla Costituzione, che bisogna quindi salvaguardare oltre ogni limite. Al contrario; la Costituzione della Repubblica Italiana non è assimilabile a quelle di stampo liberale (tra le quali l'esempio più prominente viene dagli Stati Uniti d'America), carte che avevano lo scopo di limitare il raggio d'azione del sovrano e del governo e che molto spesso questi ultimi cercano di aggirare, è un programma politico: un accordo di intenti tra le due forze allora più influenti: i cattolici e i comunisti. Tra gli articoli di questa legge fondamentale si scorge la presenza di uno Stato assoluto, per quanto democratico nelle sembianze, si respira il più totale disprezzo per la proprietà, subordinata all'interesse nazionale, ovvero della classe politica al potere, caratteristiche che insospettirono un liberale come Luigi Sturzo che a suo tempo definì l'opera dell'Assemblea Costituente: "il fascismo senza Mussolini". Da un punto di vista burocratico, inoltre, la costituzione è il grande freno che da anni impedisce di riorganizzare la macchina pubblica in modo da venire maggiormente incontro al cittadini nei servizi di monopolio statale.

Un politico coraggioso, che volesse davvero darsi da fare per migliorare le cose, dovrebbe avere il coraggio di ammettere che la modifica della Costituzione non è un sacrilegio, ma al contrario un'assoluta priorità. Non è così per chi del parassitismo ha fatto da tempo la sua ideologia e ragione di vita, come la generazione cresciuta nel PCI e che, dopo il muro di Berlino si attacca a quanto di più socialista c'è in circolazione: la costituzione e la retorica patriottarda.

mercoledì 9 aprile 2008

Grave violazione della legalità in Spagna, si corra ai ripari.

Una cosa che non sopporto sono i feticisti della legge. Quelli che gridano allo scandalo non appena uno infrange una regola, non importa che non abbiano fatto male a nessuno. Quelli che glielo vanno dire alla maestra, anche se ti sei solo scaccolato il naso. Sono i cocchi del braccio armato della legge, i tirapiedi dello sceriffo di Nottingham.
Caro signor Pino Corrias, l'ottusità non è nulla se non sorretta dallo coerenza, voglio vedere il suo impegno di fustigatore al servizio dei burocrati applicato all'ennesimo scandalo dell'abusivismo edilizio, che ha trasformato un bel parco di periferia in un grottesco cantiere (volendo ci sta anche la tirata anticlericale, dato l'edificio, è ovvio che la Chiesa ha ancora un certo potere, nonostante Zapatero).

P.S. La legge che impone il divieto di pubblicare sondaggi a ridosso delle elezioni oltre che ad essere illiberale, è l'ennesimo esempio di fobia dell'opinione pubblica, e del fatto che i cittadini sono trattati come poveri idioti "influenzabili". Ma se non fossero influenzabili, chi voterebbe?

...

Sono un essere umano, una persona emotiva, come tutti. Ecco perché i trucchetti dell'ultima settimana rischiano di chiamarmi alle urne.
E così, robette tipo la letterina rischiano di toccarmi sul fondo, più o meno all'altezza delle gonadi:

«Caro Berlusconi, mi rivolgo a lei perché penso si debba condividere, da italiani prima ancora che da candidati alla guida del Paese, una sincera preoccupazione, resa tale da recenti atti e dichiarazioni politiche...

I fucili contro le schede elettorali a prova di scimpanzé nano?

sia giusto e doveroso assumere, di fronte al popolo italiano, a tutti i cittadini, un impegno di chiarezza su alcune grandi questioni di principio, questioni che chiamerei di lealtá repubblicana

Queste sono le priorità del paese! La lealtà alla Repubblica Politica dei Partiti Italiani!

«Non penso ovviamente agli aspetti legati ai nostri programmi di governo. Questi sono, e devono essere, distinti e alternativi, lasciati al libero confronto politico, come avviene nelle grandi democrazie. Saranno gli italiani a giudicare la bontà delle nostre proposte, la loro concretezza, la loro attuabilità.

Se lo fossero, terrebbero il culo inchiodato a casa. Peccato che giudicheranno in base al fatto se per loro sono peggiori le tue stronzate buoniste o avere lo "psiconano" al governo.

E chi guadagnerà un solo voto in più, è la mia convinzione che voglio ribadire ancora una volta, avrà il compito e l'onore di governare l'Italia, sulla base proprio del suo programma.

Che culo.

L'impegno che le chiedo e che io sono in grado di assumere con assoluta determinazione (bravo! batti la manina!) riguarda altro, riguarda di più, perché ha a che fare con la vita, l'identità e le istituzioni del Paese; con le basi stesse della nostra convivenza civile, con i valori che la presiedono e che in sessant'anni di storia repubblicana hanno permesso all'Italia di diventare la grande nazione che è, uno dei pilastri della nuova Europa


Il furto istituzionalizzato, la lotta convinta alla meritocrazia, gli amici degli amici?

e chiedo allora se è disposto a garantire formalmente e in modo vincolante che lo schieramento da lei guidato, quale che sia il suo futuro ruolo, di opposizione o di maggioranza, non verrà mai meno in alcun modo e rispetterà sempre con convinzione questi quattro fondamentali principi: la difesa dell'unità nazionale, che è il bene più prezioso che abbiamo, il legame che ci fa sentire italiani e orgogliosi di esserlo;

Aaah beeeh! Bene prezioso e fondamentale, inventato ad arte e nutrito dai soldi dell'erario, da tutelare contro ogni logica e contro la volontà legittima e democratica di chi non la condivide.

il rifiuto di ogni forma di violenza, attuata o anche solo predicata, e per questo portatrice di divisione e di odio

Tranne quella, suppongo, contro i lavoratori autonomi, quindi evasori, che quindi vanno spolpati a furia di tasse con il manganello equo e solidale dello shdado demmogratigo

la fedeltà ai principi contenuti nella prima parte della nostra Costituzione, fedeltà che non solo non contraddice, ma dovrà guidare, ogni impegno di adeguamento della seconda parte della Carta

In pratica: non si può cambiare la sacra bibbia laica che dice che non sono padrone delle mie idee e delle mie cose. E anche se la si cambia, quel cambiamento deve ispirarsi alla suddetta carta da natiche.

il riconoscimento e il rispetto della nostra storia, della nostra identità nazionale e dei suoi simboli, a cominciare dal tricolore e dall'inno di Mameli»

Il triculore, l'inno 'e Mammeli. Diiio santo, vado a prendere un catino, in attesa dell'"interesse nazionale".

«Gli italiani, su tutto questo, hanno il diritto di avere risposte e certezze. E chi, alla guida del governo o dell'opposizione, si appresta ad assumere le più grandi responsabilità, ha il dovere di assicurare tutto il suo impegno per garantirle, sapendo che prima di ogni altra cosa, al di sopra di ogni interesse di parte, c'è il bene comune, ci sono gli interessi nazionali».

Queste sono le cose che secondo Veltroni sono le più importanti. Io ho un'altra scala di priorità:

1) Me stesso
2) Il mio fucile, a cui ho dato un nome di donna
3) Le persone che scelgo e da cui sono scelto, secondo la mano invisibile dell'ammore.
4) La mia terra, che osservo all'imbrunire scricchiolando su una sedia a dondolo e pensando "è bello possedere la terra".
5) Vestirmi da cowboy.
6) "Rispetta la mia autorità!"
7) Tutte le cose fighe che posso comprarmi con i soldi che non ho rubato e con quelli che non mi rubano.
8) Tanta birra.

Purtroppo non sono candidato per la repubblica italiacana, e purtroppo diversi addentellati sono contrari ai "sacri principi di sto gran cazzo di togliatti, comunisti, dc".

Veltroni è un poveretto, fa una tristezza assoluta, rispolvera la mitologia patriottarda sperando di fare colpi su pezzenti "studiati e sensibili ai valori repubblicani" e vecchi rincoglioniti. E' incapace persino di raggirare la gente con la demagogia e deve rispolverare le vecchie cagate mazziniane.
Si deve aggrappare alla "paura" (???) che suscita un povero inabile che da anni apre la bocca per darle vento, la Lega, questa forza chiaramente sovversiva.
Per fortuna sono all'estero, ed è troppo tardi per richiedere il voto via posta. Ma se Berlusconi lo manda affanculo, nel senso che dichiara in conferenza stampa riunita con diecimila giornalisti: "fottiti", domani scatta Ryanair.com

Perché sono una persona emotiva, come tutti quelli che si avvalgono del diritto a votare . E quando mi girano, mi girano.

martedì 8 aprile 2008

Non capire un tubo catodico

Questo post di nullo mi ha fatto venire in mente una vecchia considerazione: i politici italiani sono ossessionati dai mezzi di comunicazione di massa, addirittura molto di più di quelli americani. Fortunatamente sono poco esposto alle stupidaggini che dovranno circolare in queste ore, ma sembra che anche quest'anno temi come l'esposizione televisiva, dibattito, la fanno da padrone rispetto a cose un po' più importanti tipo: chi siamo, dove andiamo, quanto paghiamo, moriremo...
Il peccato orginale è della sinistra: dall'avvento del televisore a colori (a suo tempo osteggiata in parlamento in quanto diseducativa) la paranoia dei comunisti verso i mezzi di comunicazioni di massa è andata in crescendo, raggiungendo l'apice con la discesa in campo di Silvio Berlusconi.
All'epoca sembrava che il successo di B. fosse imputabile esclusivamente al possesso delle televisioni, con cui controllava più o meno mentalmente gli imbecilli. Questa tesi si accordava benissimo con la superiorità antropologica della sinistra onde per cui chi non fosse persuaso delle magnifiche sorti e progressive era un deficiente. Questa convinzione sopravvive ancora tra gli intellettuali che scribacchiano su micromega.
Però anche il B., in quanto a paranoia ci mette della sua. Magari è deformazione professionale, sicuramente è peggiorato con gli anni, forse a causa del contatto con la sinistra. Il rifuto del dibattito (per quanto fosse demenziale quello di due anni fa), come nel 2001, è motivato da questo semplice fatto: in vantaggio il capo non vuole rischiare. Ma pensare che un dibattito, nelle condizioni odierne possa avere così incidenza da muovere voti in senso decisivo è da ingenui.
Ma la situazione più grottesca riguarda il dibattito sulle schede elettorali. Allora ci sono una decina di disegnini e si deve trovare il proprio e metterci una croce sopra. Anche uno scimpanzè nano privo di addestramento può riuscirci. Secondo alcuni membri della classe dirigente, l'elettore medio invece no. "Eh, ma ad alcuni possono venire dubbi in merito agli apparantamenti". Beh se un elettore della Lega non sa che è apparentata col PdL, forse fa meglio a restare a casa, perché vuol dire che ha il cervello bloccato al '96.
E per la volta prossima, Calderoli permettendo, suggerisco di usare questo metodo, onde evitare sterili polemiche.

lunedì 7 aprile 2008

Stato e comunità /2

Il free riding ed il problema della sicurezza.

Lo Stato è, nella concezione dei suoi teorici moderni, la cura per patologie sociali: i comportamenti violenti e pericolosi (Hobbes), il free riding (Rosseau).
Per i libertari la posizione di Hobbes è ridicola, scrive Fabio Massimo Nicosia:
"...è una tesi che sostiene che lo Stato è necessario, e per questo gli uomini si accordano per costituirlo, perché in assenza di Stato la cooperazione è impossibile, dato che senza coercizione non è possibile garantire la soddisfazione delle aspettative che si creano tra individui interagenti. Senonchè l’argomentazione è, ancora una volta, paradossale: se, infatti, gli uomini, a causa dei costi di transazione, non sono in grado di concludere ed eseguire spontaneamente accordi vincolanti specifici di scala tutto sommato modesta, quali quelli che si realizzano quotidianamente nel libero mercato, non si vede in forza di quale virtù magica quegli stessi uomini dovrebbero invece rivelarsi in grado di stipulare e rendere esecutivo nientedimeno che un [...] contratto sociale universale, i cui costi di transazione tendono all’infinito. Insomma, le teorie contrattualiste ritengono lo Stato necessario per l’incapacità degli uomini di cooperare, ma poi pongono a proprio fondamento il più fenomenale atto di cooperazione che si possa immaginare: un unico contratto universale, stipulato da tutti gli uomini all’unanimità!
E chiaro perciò che lo Stato non nasce mai attraverso un accordo tra gli uomini, ma sempre e solo in conseguenza di un’azione militare di occupazione e di conquista. "

Per quanto riguarda il free-riding: dato che esso è definibile come il godimento di esternalità positive derivate da un bene comune senza che si sia provveduto ad esso, i libertari propongono una radicale soluzione: evitare i beni comuni.
A mio avviso questa è un'esagerazione: in certe circostanze può essere vantaggiosa di rende un bene di possesso comune. Ad esempio, la spettabile reggenza dei Sette Comuni (l'Altopiano d'Asiago), splendido esempio di comunità semi-anarchica (formalmente faceva parte della repubblica Veneta, ma era autogestita) i terreni per il pascolo (la maggioranza) erano di proprietà collettiva, mentre le coltivazioni no.
La sicurezza è di norma considerata il bene collettivo tout court: sua caratteristica fondamentale, infatti, è quella di applicarsi ad un'area, più che alla singola persona, per cui di essa beneficia anche chi non ne paga i servizi. Questi aspetti, indivisibiluità e non escludabilità mi sembra quello che collide di più con la teoria, portata avanti da libertari come Block e Hoppe, che sostiene la possibilità di provvedere a tale bene attraverso il mercato. La risposta dei due a queste critiche (si veda questo, saggi 9 e 10) non nega queste critiche, ma si limita ad argomentare che il mercato della sicurezza è possibile nonostante queste.
Anche concordando su questo punto, si deve ammettere che è più probabile, anche per ragioni di semplicità contrattuale, che una comunità si accordi di istituire un monopolio della sicurezza e di escludere, eventualmente, chi non intende contribuire ad esso. Oltretutto ciò permetterebbe un maggiore controllo sulle forze dell'ordine. E questo parlando di sicurezza interna, perché se si va sul settore delle relazioni estere la cosa diventa ancora più incasinata.

domenica 6 aprile 2008

Il Vangelo secondo Mises

Mentre Ismael pubblica na recensione del libro di Paolo Zanotto (che non è l'ex sindaco di Verona) sul rapporto tra Cattolicesimo, Protestantesimo e Capitalismo (a cui Sgembo e 2909 rispondono), sul Gongoro appare la traduzione di un lungo articolo di Laurence Vance che difende il libero mercato sulla scorta di passi biblici.
Sul rapporto tra religione ed economia è stata scritta, in ambito liberale, un sacco di roba, specie in Italia, dove alcuni intellettuali cattolici (oltre a Zanotto occorre ricordare Guglielmo Piombini) hanno ben metabolizzato la lezione "paleo" dell'ultimo Rothbard. Personalmente non ho letto il libro di Zanotto, né il Vangelo non è socialista di Ropke, ma ho ben presente diversi articoli, in particolare del "Piombo". Il mio umile parere è questo: cercare di vendere il libero mercato come "invenzione" del cattolicesimo è un errore concettuale, per quanto possano essere lodevoli gli argomenti, storici, filologici ed esegetici riportati. Il cristianesimo ed il capitalismo sono due accidenti della civiltà occidentale, per quanto importanti. Si ritrovano, per forza di cose, nello stesso calderone culturale assieme a industrialesimo, liberalismo, democrazia, socialismo. Dire che il capitalismo è debitore al cristianesimo è dire tutto e dire niente, anche il marxismo lo è, piaccia o non piaccia.
Piuttosto, pubblicazioni del genere risultano utili per un'altra, serissima battaglia: quella all'interno dello stesso cristianesimo, in particolare del cattolicesimo. E' innegabile che gran parte del clero, compreso lo stesso Pontefice (nonostante le spericolate acrobazie esegetiche di molti tra i succitati intellettuali) siano intrisi dei più infondati pregiudizi contro il libero mercato. In particolare nessuno, dalla suora dell'asilo al vescovo, passando per il parroco negherà che la povertà dei paesi del terzo mondo è dovuta al fatto che "noi siamo troppo ricchi".
Perché, alla fin fine, il cattolico, come l'ateo, il buddista e whatever, può essere statalista o liberale, spetta solo a lui.

sabato 5 aprile 2008

Stato e comunità

Nei prossimi post, che vedranno il ritorno delle seghe mentali, vorrei parlare un po' di Stato e comunità, tentando un analisi comparata intorno a diversi punti. Gli spunti sono molti, qualche conversazione (stupida) trovata online, mie riflessioni di lunga data, ma soprattutto un testo: "Community, Anarchy and Liberty" di Micheal Taylor.
Per stessa ammissione dell'autore, il libro non è un granché, ma ha l'indubbio merito di focalizzarsi su alcune tematiche di norma ignorate anche all'interno del libertarismo. Per la cronaca, Taylor è difficilmente classificabile, è di sinistra, fondamentalmente un "anarchico comunitario", moderatamente collettivista e forse anche un po' ingenuo. Per quel che mi riguarda, in teoria politica, posizioni del genere dovrebbero essere accolte come manna dal cielo. Mi spiego: se lo Stato sta vivendo da diversi decenni un periodo di crisi, in teoria politica è morto e sepolto. Secondo tre grandi lenti d'analisi della modernità politica, di diversa origine ideologica, "Realismo spietato" (destrorso, Mosca, Pareto, Micheals), Teoria Critica* (sinistra, Scuola di Francoforte, Focault) e sociologia austriaca (derivata dalla scuola economica, anche se non molto sfruttata, ma il caso di Hoppe è indicativo) concordano sostanzialmente che la forma statuale sia il problema alfa della politica contemporanea. Dal momento che ciò è tuttora in larga parte ignorato, il panorama attuale degli autori di filosofia/teoria politica fa tristezza. Moltissima produzione riguarda problemi inutili, ma che riscuotono grande successo nell'ambiente accademico ad esempio i gender studies, gli altri o si limitano ad argomentare che la democrazia, coi suoi limiti è la forma migliore di governo (Dahl), o propongono "innovative" teorie del governo che si rivelano essere già applicate (Pettit)** oppure cercano di ovviare al problema dello stato con più Stato.
Quel che restano sono una manica di mini/anarchici di vario livello, da Carson a Nozick. E dobbiamo tenerceli stretti.
La definizione classica di Stato, quella weberiana, è stranota: "il monopolio legittimo (non legittimato) della violenza" su un dato territorio. Ma come nota lo stesso Weber (e come sottolinea Taylor) anche la caratteristica della specializzazione della classe politica (ossia la presenza del professionista politico) non è da sottovalutare. Un sistema privo di questi due addentellati può dirsi anarchico. La prima cosa da notare è che in un sistema anarchico permane la possibilità di minacciare l'uso della violenza (e praticarlo) solo che tutti partono dallo stesso livello. Un 'altra osservazione ovvia è che in una società anarchica possono svilupparsi delle forme di autorità, anche se separato dalla potestà. Questo concetto di norma è evaso dagli anarchici collettivisti (in quanto contrari all'autorità tout court) ma è ripreso, anche se poco approfondito, dai paleolibertarian.
Ora, se non c'è una forma statuale che si trova? Non è obbligatorio, ma altamente probabile che gli uomini si organizzino in comunità, istituzioni molto labili da definire.
Taylor riassume le caratteristiche fondamentali della comunità nelle seguenti: condivisione comune di credenze e valori, relazioni diretti e plurilaterali tra i membri (cosa che mi piace chiamare narrow casting, tanto per tirarmela) e reciprocità, che si può anche definire come l'alta probabilità che l'effetto delle proprie azioni sugli altri sia evidente.
Ora, la tesi del libro è semplice: l'anarchia richiede la comunità. Io sarei meno definitivo: mi acconterei dire che aiuta, al limite che è una conseguenza probabile.

Le seguenti puntate seguiranno l'ordine del libro e riguarderanno: ordine sociale senza lo stato, uguaglianza e anarchia, comunità e libertà (nota problematica da chilo, che fu anche alla base dello scontro tra liberals e communitarian tra gli anni ottanta e novanta). Sarebbe interessante operare un confronto tra il modello comunitario di Taylor e i feticci del libertarismo (Islanda, Irlanda, Far West...) boh, ho trovato roba e magari si vedrà.


* La stessa Teoria Critica è stata adoperata, in contraddizione con se stessa, per sostenere l'espansione dello Stato in nome del politically correct.
**Republicanism, a theory of freedom and government è una barzelletta. Puro esercizio argomentativo di 300 pagine che presentano come rimedio politico lo Stato democratico né più né meno come lo è adesso.